Facile a dirsi, difficile a farsi…
Spero che il titolo non ti spaventi: è un titolo, e come tale, deve essere un po’ forte.
Forse, dire «il pensiero positivo è una frottola» è una semplificazione eccessiva.
Proverò a spiegare meglio, nelle righe che seguono, che cosa intendo e perché è necessario ripararsi dalle insidie di questa formula, così in voga da molti anni.
Per chi non lo sapesse, con l’espressione pensiero positivo si intende l’insieme di credenze e atteggiamenti che incoraggia a guardare la realtà sempre in maniera positiva, oppure, a individuare il buono in una situazione che, apparentemente, di buono non presenta nulla.
È un principio nobile, senza dubbio, che spinge a cercare soluzioni creative ai propri problemi.
Mettere in pratica questa linea di condotta, però, non è un’impresa elementare come la spacciano molti, sedicenti “guru“. Per due ragioni:
- Saper guardare il positivo di una condizione problematica, di per sé, è molto difficile, e il non riuscirci… non è una colpa; è una questione di caratteristiche, principalmente (su cui si può lavorare);
- Il pensiero positivo non si insegna così, in quattro e quattr’otto.
Il pensiero positivo non è un meccanismo innato.
Eppure, nei video su YouTube o nei libri che propongono l’approccio del pensiero positivo, il profondo cambiamento necessario a ristrutturare le proprie convinzioni non è analizzato, non è spiegato.
Sta tutta qui, la frottola del pensiero positivo.
Non basta elencare una serie di indicazioni, del tipo:
quando ti senti così… allora agisci colì!
Se ti succede X… pensa a Y!
etc.
Molti psicologi, purtroppo, fanno esattamente così.
E fanno un danno enorme: credono di ammaestrarti parlando per slogan, e invece, ti fanno sentire in colpa.
Un paziente mi ha detto:
«ho visto il video del dottor XY, indicava i cinque passaggi per cambiare in positivo le proprie abitudini. Io ci ho provato, ad applicarli, ci ho sbattuto la testa… ma niente, sono ancora al punto di partenza».
Ovvio: se bastasse conoscere i “passaggi”, per applicare una teoria o per eseguire un’azione… beh, forse saremmo tutti scienziati della Nasa, ballerini della scala o calciatori di serie A: saremmo tutti delle eccellenze.
Il pensiero va allenato.
E non è una colpa non riuscire a essere brillanti così come gli esperti del pensiero positivo ci vorrebbero.
Non tutte le persone nascono, o vivono, con lo stesso bagaglio di partenza.
Il pensiero, così come le emozioni, gli stili relazionali, sono qualcosa di unico, su cui molto spesso gravano rigidità e meccanismi di difesa.
È uno dei motivi per cui si ricorre alla psicoterapia: eliminare gli ostacoli che si frappongono alla piena realizzazione di sé; ostacoli che, spesso, non sono di natura fisica, bensì, di natura emotiva e mentale.
Ogni ostacolo ha una storia diversa, così come ogni persona ha una storia diversa.
La “depressione” di Gianni non è come la “depressione” di Giulia; la “timidezza” di Valeria è molto differente dalla “timidezza” di Antonio, e così via.
La frottola è che esista un solo tipo di pensiero: quello giusto.
La psicoterapia, un processo lungo, impegnativo da tanti punti di vista, almeno non promette di trasformare i pensieri dal giorno alla notte.
Aiuta, però, a trovare il proprio pensiero sulle cose, la propria strada.
La strategia migliore rispetto alle proprie caratteristiche personali e al proprio potenziale di cambiamento.
Questo è ciò che “promette” la psicoterapia.
Non un set d’istruzioni uguale per tutti (come se noi fossimo uguali agli altri in tutto e per tutto!).
La psicoterapia consente una riorganizzazione migliore dei propri pensieri, atteggiamenti, emozioni… ma passa per una conoscenza profonda della persona, di quelle che sono le sue difficoltà, di quella che è la sua storia e di quelle che sono le sue risorse di partenza.
Una formula di cambiamento uguale per tutti… semplicemente non esiste.
Pensiero positivo
andrebbe, insomma, tradotto in
Il miglior modo di pensare alle cose e vivere le esperienze… per quella specifica persona.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova