La psicoterapia della depressione esiste ed è efficace
C’è un aspetto della depressione che la rende, apparentemente, resistente alla psicoterapia: è l’assenza di parole. O perlomeno, di certe parole: le parole della speranza, le parole del futuro. Ne ho parlato anche qui: https://www.francescorizzopsicologo.it/2018/11/19/depressione/. La depressione ti “accartoccia”, ti avvita su te stesso a tal punto che esiste solo la tua sofferenza, e nessuno può sfiorarti, non certo con certe parole.
Il problema, nella depressione, non è la parola. È capire quale parola può funzionare.
Quando si è depressi, in fondo, di parole se ne sentono pure troppe: «rialzati!», «reagisci!», «fai qualcosa!». Facile a dirsi! Ma il tempo è bloccato, la volontà è stanca, consumata. Non sono certo le “parole del fare” ad avere effetto, anzi, nella depressione quelle parole non fanno altro che peggiorare il quadro di sofferenza, perché aggiungono al dolore il senso di colpa: «e già, dovrei rialzarmi, dovrei reagire… MA NON RIESCO».
Esistono parole che curano. Anche nella depressione. Sono le parole della psicoterapia.
Sulla psicoterapia psicoanalitica, la psicoterapia che affronta il dolore dell’esistenza – e quale condizione dell’esistenza è più forte della depressione? – vige ormai da molti anni un certo scetticismo. Eppure, a certificare l’efficacia dei trattamenti psicoterapeutici non è soltanto la parola di questo o di quello psicoterapeuta (verba volant…). A stabilirlo è la ricerca scientifica (scripta manent!).
Sì, esistono numerosi studi che dimostrano come la depressione possa migliorare, e possa pure sparire del tutto, lasciando spazio a modalità di esperienza meno dolorose, attraverso la psicoterapia.
Ne cito subito uno: il Tavistock Adult Depression Study (TADS). È uno studio piuttosto recente (2016), ed è stato svolto nel Servizio Sanitario INglese per stabilire se la psicoterapia psicoanalitica avesse effetto su quei pazienti affetti da depressione e non aiutati dagli psicofarmaci o dalle forme di psicoterapia cognitiva breve.
Laddove le cure farmacologiche hanno modificato in misura molto leggera la condizione di sofferenza dei pazienti, poteva, invece, la psicoterapia…?
La ricerca ha dimostrato che, sì, la depressione di questi pazienti è migliorata – se così si può dire! – ed è andata persino incontro ad una importante remissione. E questo è successo attraverso la psicoterapia psicoanalitica, ovvero, una psicoterapia non breve, ma in grado di dare tutto lo spazio che serviva alla ricostruzione di un linguaggio nuovo.
È possibile trovare parole nuove, vitali. Sono queste parole a curare la depressione.
Se vuoi avere un’idea sintetica di come si lavora in psicoterapia psicoanalitica, qui puoi leggere qualcosa: https://www.francescorizzopsicologo.it/psicoterapia-psicoanalitica/ .
Affrontare la depressione attraverso la cura della parola significa, innanzitutto, saper ascoltare. Esiste un linguaggio della sofferenza. È un linguaggio, quasi sempre, silenzioso. A volte, è il corpo a parlare: inappetenza, insonnia, stanchezza cronica. A volte, è il viso: la depressione scava la sofferenza negli occhi.
Questo linguaggio esiste, ma bisogna saperlo ascoltare. E prendersi il tempo giusto per farlo.
C’è un luogo dove la depressione è accolta: è la psicoterapia.
Se vuoi approfondire lo studio che ho brevemente descritto, il Tavistock Adult Depression Study, puoi farlo al link qui di seguito: https://tavistockandportman.nhs.uk/research-and-innovation/our-research/research-projects/tavistock-adult-depression-study-tads/.
Se vuoi spulciare altra letteratura che si è occupata della questione, ti consiglio questo articolo: https://www.theguardian.com/science/2016/jan/07/therapy-wars-revenge-of-freud-cognitive-behavioural-therapy.
Ma ricorda: la depressione, il dolore psicologico, vanno accolti, compresi, e soltanto a partire da questo “ascolto paziente”, risolti.
Francesco Rizzo