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Psicoterapia: vantaggi “secondari” del disagio

La psicoterapia aiuta a individuare i vantaggi secondari del disagio emotivo.

Si tratta di una funzione fondamentale di qualsiasi percorso terapeutico.

Ma cosa intendiamo per vantaggi secondari della sofferenza psicologica?

Come si può parlare di “vantaggi” rispetto a un’esperienza dolorosa come quella del malessere esistenziale?

Per comprendere meglio questa formula, possiamo sostituire secondari con indiretti.

Attraverso il disagio emotivo, molte persone sfuggono a situazioni di dolore interiore che sarebbero ancora maggiori di quelle attualmente provate.

Si osserva, talvolta, che alcune forme di inquietudine emotiva rappresentano delle “manovre difensive”.

Gli esempi potrebbero essere infiniti:

  • l’ansia;
  • i pensieri ossessivi;
  • la timidezza “patologica”;
  • un certo tipo di inibizione personale, ad es. la paura della guida;
  • le “cronicizzazioni” di tratti caratteriali rigidi, come la pigrizia;
  • il sentirsi sempre in colpa;

etc…

Ciò che appare evidente a un certo punto, in un percorso di psicoterapia, è il valore di “guadagno indiretto” di queste forme di sofferenza.

Impegnare la mente su questa sofferenza consente di non concentrarla su questioni percepite come profondamente problematiche.

Il vantaggio “secondario” è la possibilità di fuga da dolori ancora più grandi

È spesso difficile scendere a patti con queste considerazioni.

Nel malessere emotivo è comprensibilmente complicato vedere qualcosa di diverso dalla sofferenza in sé e per sé.

Ma a ben vedere, è proprio questo il vantaggio secondario.

In molti pazienti – e la psicoterapia lo dimostra frequentemente – le difficoltà personali in un certo ambito di vita permettono alla persona di disimpegnarsi da situazioni ancora più stressanti.

Questa funzione indiretta rappresenta un carburante nascosto, ma fondamentale, nel motore della sofferenza emotiva.

Per dirla in altri termini, l’esistenza di questo vantaggio secondario è alla base della resistenza al cambiamento personale.

È difficile rinunciare a qualcosa che, pur in modo un po’ “contorto”, aiuta a tenersi lontano da fonti di stress, sofferenza o paura.

Evidenziare questo meccanismo non significa certo sminuire la sofferenza emotiva.

Né vuol dire minimizzare le sue conseguenze.

Osservare questo automatismo inconsapevole di autoprotezione, però, permette di spianare finalmente la strada al cambiamento.

Come funziona la psicoterapia con questi vantaggi secondari?

La psicoterapia permette di rinforzare la propria capacità di autodeterminazione.

Per autodeterminazione qui intendiamo la possibilità di agire, nella propria vita,

  • in piena consapevolezza di se stessi, dei propri limiti e dei propri punti di forza;
  • in pieno potere personale per quanto riguarda scelte e decisioni più o meno delicate.

Capire quali sono i vantaggi secondari della propria sofferenza significa capire quali sono i propri freni al cambiamento.

Significa, con altre parole, comprendere qual è la propria parte, il proprio contributo personale, nello stato di sofferenza che si vive.

Un percorso personale di psicoterapia consente di individuare questi “guadagni”.

Ma consente anche, allo stesso tempo, di individuare strategie migliori di gestione della sofferenza nascosta dal “disagio diretto”.

Lavorare sui “sintomi” avendo in mente il loro carattere di protezione è fondamentale a smontare l’ingessatura che impedisce il cambiamento.

La psicoterapia opera quindi in maniera duplice:

  • da un lato, accoglie la sofferenza del paziente attraverso un ascolto empatico, costante, senza ombra di giudizio o di preconcetto;
  • dall’altro lato, esplora questa sofferenza con l’obiettivo di raggiungere le ragioni nascoste che la sostengono.

A partire dall’individuazione del vantaggio secondario, è possibile mettere in moto un pieno processo di trasformazione personale.

Francesco Rizzo

Psicologo Psicoterapeuta Padova