Adolescenza: dipendenza affettiva dai genitori
In adolescenza, la dipendenza affettiva dai genitori è una condizione che può essere parecchio diffusa.
Per dipendenza affettiva s’intende uno stato di profondo attaccamento a una persona senza la quale si sente di non poter sopravvivere.
In linea generale, parliamo di una sopravvivenza emotiva: chi soffre di questa forma di disagio percepisce di non poter star bene in alcun modo senza quella persona (di solito, il partner).
È una dinamica che possiamo riscontrare anche tra i più giovani.
Molti ragazzi e molte ragazze raccontano di sentirsi perduti/e senza la persona per cui provano affetto.
Però, nello specifico dell’adolescenza e della dipendenza affettiva dai genitori, ci riferiamo a qualcosa di ancora più articolato.
Di sicuro, la dipendenza in sé e per sé di un adolescente dalla propria famiglia è una fase del tutto normale.
Anzi, lo è oggi più di ieri.
La contrazione economica in essere e le difficoltà di inserimento lavorativo hanno prolungato la fase di dipendenza economica.
La dipendenza affettiva, tuttavia, ha una consistenza e una profondità diverse.
Bassa autostima, isolamento e dipendenza dai genitori
Un adolescente dipendente dai genitori sotto il profilo affettivo, quasi sempre, è un adolescente solo.
Per essere più precisi, è un adolescente che avverte un’enorme fatica relazionale.
La socialità con i coetanei può essere addirittura percepita come una vera e propria minaccia al proprio benessere.
Una forma d’ansia sociale di questo tipo merita un approfondimento a parte.
Possiamo però individuare una sorta di coordinata principale: la bassa autostima.
Soffrire di bassa autostima significa non sentirsi all’altezza di sostenere un contatto con le altre persone.
Una condizione di così intensa sfiducia in se stessi è un’anticamera dell’isolamento sociale.
«Se provo a interagire con gli altri, ne ricavo soltanto imbarazzo e vergogna.
È meglio che me ne stia per conto mio…»
Una possibile reazione a questa forma di solitudine è l’intensificazione del rapporto con i propri genitori.
La base di questo meccanismo di risposta è la convinzione che soltanto una mamma o un papà può accettare quei difetti che l’adolescente si auto-attribuisce.
Una dipendenza affettiva dai genitori diventa così una manovra estrema per contrastare l’emergere di un sentimento dolorosissimo (in adolescenza e non solo):
la sensazione di essere talmente indegno d’affetto da non poter essere amato da nessuno.
Può innescarsi a questo punto un circolo vizioso.
Per non esporsi al rischio del rifiuto sociale, l’adolescente evita progressivamente sempre di più qualunque forma d’iniziativa sociale.
La sensazione di sicurezza che ne ricava rinforza questo comportamento, finendo per avvicinarlo ulteriormente ai genitori e per allontanarlo dai coetanei.
Psicoterapia per adolescenti con bassa autostima (e per i loro genitori…)
La dipendenza affettiva è una condizione di stress emotivo imponente.
I percorsi di psicoterapia sviluppati con chi soffre di questo malessere dimostrano sempre un dato di fatto:
chi ne soffre, si sente costretto a questa forma d’attaccamento ostinata verso quella persona
Insomma, la dipendenza affettiva non è una scelta né un capriccio.
Con un adolescente intrappolato in questa condizione, il lavoro di psicoterapia ha un obiettivo principale: irrobustire l’autostima.
Rinforzare la fiducia in se stesso del ragazzo/della ragazza ha un duplice effetto:
- consente di guadagnare porzioni di autonomia esistenziale, permettendo lo “sgancio” dai propri genitori;
- migliora gradualmente anche le relazioni stesse con i coetanei, o per meglio dire, le incoraggia.
Lavorare sull’autostima di un adolescente con dipendenza affettiva significa principalmente individuare le cause profonde della sua insicurezza sociale.
Si tratta di un “lavoro personale”, cucito su misura, perché non esistono ragioni universali e la motivazione di qualsiasi disagio va cercata nella storia personale e nelle caratteristiche individuali del singolo soggetto.
D’altro canto, la dipendenza affettiva di un figlio può essere stressante anche per un genitore.
Questa forma di sottile inquietudine è forse misconosciuta: è difficile accettare l’idea di sentire come di troppo la dipendenza di un figlio.
Tuttavia, una “indisposizione” di questo tipo può essere perfettamente normale.
Poter tollerare dentro di sé il senso di fatica rispetto ai comportamenti di un figlio, involontari e non, a volte è una prova molto dura.
In questo senso, la psicoterapia può essere d’aiuto anche ai genitori.
Un percorso di sostegno genitoriale è in grado di aiutare a
- “normalizzare” questo senso di stanchezza relazionale;
- trovare strumenti emotivi e di pensiero più adatti alla gestione del malessere di un figlio.
È quindi una soluzione da tenere in considerazione a 360°, e non soltanto come di unica pertinenza di chi soffre “direttamente” la condizione di disagio.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova