Diventare genitori efficaci?
Diventare genitori efficaci è una richiesta implicita che viene “recapitata” spesso a uno psicologo.
La “genitorialità” è una stagione della vita complessa.
Ed è più che frequente nutrire dei dubbi sul proprio essere mamma, o essere papà.
Ma cosa significa efficacia, nel caso di genitori?
In linea generale, lo si potrebbe tradurre con una formula del tipo
Un genitore efficace è un genitore che non sbaglia mai.
È un desiderio diffuso, quello di non commettere mai errori, perché fa paura l’idea di condizionare involontariamente la vita del proprio figlio.
Inseguire questa forma di “infallibilità”, in alcuni casi, diventa un modo per ripararsi dal senso di colpa.
D’altro canto, piccoli o grandi “inciampi” fanno parte di qualsiasi relazione, compresa quella tra madri/padri e figli.
L’aspettativa di essere “genitori efficaci”, quindi, finisce spesso per trasformarsi in una fonte di frustrazione profonda.
Un figlio in difficoltà è (anche) un malessere genitoriale
Un genitore desidera il meglio per il proprio figlio.
Per contro, se il figlio si trova invece a vivere una fase di difficoltà, il disagio emotivo si estende anche ai suoi genitori.
È bene evidenziare che in questo malessere genitoriale non c’è soltanto la naturale e comprensibile preoccupazione per il proprio figlio.
Un padre o una madre soffrono anche come persone a sé, oltre che come genitori.
Questo perché un genitore, pur votato alla cura dei figli, continua a essere una persona, con i suoi bisogni e le sue fragilità.
Quando un genitore si attribuisce la responsabilità della sofferenza di un figlio, mette in discussione se stesso.
È un’esperienza doppiamente dolorosa:
- da un lato, l’evidenza che la persona a cui si tiene di più vive delle difficoltà;
- dall’altro, la percezione di aver sbagliato qualcosa che ha contribuito in maniera fondamentale a queste difficoltà.
Il desiderio di diventare “genitori efficaci” nasce come risposta a questo duplice dispiacere.
L’ideale di poter evitare qualsiasi sofferenza a un figlio è anche un modo per proteggersi dalla sensazione bruciante di essere “difettosi”, o “sbagliati”; insomma, di sentirsi dei cattivi genitori.
Genitori in psicoterapia
Questa aspirazione a una protezione totale del proprio figlio riflette anche un’ulteriore idea piuttosto insidiosa.
Si tratta dell’idea di poter ottenere un controllo totale su ciò che succede.
È un’idea insidiosa perché espone a un rischio di delusione personale ben definito: quello del fallimento.
«se tutto dipende da me, quando le cose vanno male, non può che essere colpa mia…»
Dietro al desiderio di diventare “genitori efficaci” può esserci proprio questo retropensiero.
Un retropensiero che è come un fardello, perché appesantisce di un’aspettativa irrealizzabile la relazione con
- i propri figli;
- il proprio partner;
- la propria identità di genitore.
La psicoterapia può essere d’aiuto proprio ad alleggerire questa costante tensione interna alla perfezione.
Intraprendere un percorso di psicoterapia permette, innanzitutto, di individuare le cause profonde di questa propensione.
Le ragioni personali che impongono questo “perfezionismo” variano da individuo a individuo (e quindi, da genitore a genitore).
Comprendere a un livello profondo, cognitivo ed emotivo, che gli errori fanno parte della vita, consente di vivere con maggiore serenità anche le fasi più turbolente del rapporto genitori-figli.
È forse questa, la vera efficacia: avere coscienza dei propri limiti (così come dei propri punti di forza) senza che questi diventino degli elementi di autoaccusa schiaccianti.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova