Esiste la dipendenza da smartphone?
La risposta è sì, e non si tratta di un fenomeno che riguarda solo l’adolescenza.
La domanda cui dare risposta è forse un’altra, anche se a prima vista può sembrare banale:
ma perché gli adolescenti passano così tanto tempo con lo smartphone?
Anche in questo caso, la risposta può essere apparentemente immediata: per i social, per le app che a vario modo permettono di trovare svago…
Ovviamente, però, esistono condizioni più “profonde” che danno forza a un utilizzo smodato del cellulare.
L’intensità di queste condizioni trasforma l’uso in abuso.
Il punto da focalizzare è il seguente: attraverso lo smartphone, il ragazzo sente di aumentare il proprio potere sul mondo.
Gli smartphone offrono
- l’opportunità di essere sempre connesso e in contatto con gli altri;
- infinite soluzioni creative, grazie alle numerose app a disposizione.
Il cellulare, in adolescenza ma non solo, diventa una sorta di appendice esistenziale, vale a dire un elemento inseparabile dalla vita di tutti i giorni.
Inseparabile nel senso che viene difficile immaginarsi senza: in autobus, in coda alle poste o alla cassa del supermercato…
Dipendenza da smartphone e concentrazione
Tanto per cominciare, la dipendenza da smartphone ostacola in maniera consistente la capacità di concentrarsi.
Nel caso dell’adolescenza è un problema da non sottovalutare.
L’esempio più lampante riguarda lo studio: molti ragazzi si lasciano assorbire dal telefono e hanno difficoltà a rimanere focalizzati sui compiti.
Anche attività lontane dai doveri, come guardare una serie tv o leggere un libro, finiscono per essere dominate dall’uso dello smartphone.
Perché?
È stato dimostrato che il richiamo continuo delle notifiche social ha un effetto di attrazione, sul cervello, molto simile a quello delle sostanze oppiacee.
Questo significa che è davvero difficile ignorare il telefono quando si sa che una notifica è in arrivo.
Una dinamica di questo tipo contribuisce a costruire dei veri e propri processi di dipendenza dallo smartphone.
Dipendenza da smartphone e noia
Lo smartphone è onnipresente, e offre soluzioni continue per passare il tempo.
Questo produce un altro effetto: l’incapacità di annoiarsi.
Provare noia senza esserne stressati è una dote importante, perché numerose sono le occasioni in cui, semplicemente, si è costretti a… non fare nulla.
La noia è, d’altro canto, l’anticamera della creatività: è proprio nel “vuoto” della noia che trova spazio l’inventiva.
Al contrario, un tempo troppo pieno (di notifiche, di attività sulle app…) è un tempo improduttivo.
Altresì, è un tempo che non si riesce più a immaginare vuoto.
Lo sanno bene quei genitori che, per punizione, impediscono l’accesso allo smartphone per qualche ora o qualche giorno.
In adolescenza, la reazione a un castigo di questo tipo è di fortissimo stress.
Come mai?
Interrompere di punto in bianco un comportamento di abuso, o di vera e propria dipendenza, genera sintomi ansiosi.
Il ragazzo finisce per sentirsi oppresso
- da un tempo che sente immobile (cosa faccio senza cellulare?!);
- dal pensiero che gli altri continuino a scambiarsi aggiornamenti, messaggi, contenuti via social (è il fenomeno della FoMO.
La soluzione alla dipendenza da smartphone
La bacchetta magica non esiste in nessun caso di malessere psicologico.
Tantomeno, è possibile pensare a una soluzione immediata per una dipendenza.
Al contrario, contrastare l’abuso di cellulare significa intraprendere un percorso di paziente lavoro sull’adolescente e sulla famiglia.
Rinunciare a un oggetto di dipendenza costa grande fatica emotiva e fisica.
È necessario penetrare nella profondità delle motivazioni che spingono quell’adolescente a fare un uso tanto smodato dello smartphone.
La possibilità di rimanere sempre connesso fa parte dell’esperienza di tutti i fruitori degli smartphone.
Ma perché per Andrea, o Sonia, o Leonardo, o Chiara… è così importante?
Nessun intervento psicologico può prescindere da un’analisi del caso specifico.
Quando l’utilizzo dello smartphone diventa pervasivo, fino a invadere ogni spazio di vita dell’adolescente, un’azione terapeutica può essere fondamentale.
Forme di reazione come sequestrare il cellulare e nasconderlo, o simili, tamponano il problema nell’immediato ma non lo risolvono alla radice.
Venir fuori dalla dipendenza è un percorso che va accompagnato, e non un comportamento ottenibile con un singolo intervento.
Affrontare e comprendere le ragioni sottostanti è invece un metodo efficace, perché consente di “smontare” i comportamenti dal principio.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova