Depressione Padova – Cura della Depressione a Padova – Dott. Francesco Rizzo Psicologo
…sempre felice, o bravo a fingere?
Questa domanda può suonare come una provocazione.
Eppure, si tratta di una questione esistenziale molto più complessa di quanto sembri.
Molti pazienti arrivano alla psicoterapia con questa richiesta implicita: ottenere una “felicità perfetta”, non intaccabile.
Parrà evidente a qualcuno che un’ambizione del genere sia impossibile da realizzare.
Ciò non toglie che, per tanti, è invece un obiettivo da inseguire: non riuscire in questo intento significa esporsi a continua frustrazione.
Esistono anche persone, e pazienti, che ritengono di non potersi concedere debolezze né fragilità.
Momenti di tristezza, o di vera depressione, sono considerati imperdonabili.
È per questo che tentano in ogni modo di nascondere la propria sofferenza allo scopo di dimostrare a se stessi e agli altri che quella sofferenza non esiste.
Perché si vuole essere felici a ogni costo?
È chiaro che a nessuno piace vivere momenti di abbattimento.
Per qualcuno, però, attraversare stati di umore nero è particolarmente complicato per due motivi:
- si ritiene che, a ben guardare, non ci sono ragioni reali per essere tristi, come se per il dolore emotivo dovessero esistere solo ragioni “oggettive”;
- si ritiene di non avere le forze per superare un periodo di malumore o di angoscia.
Entrambe queste argomentazioni personali innescano una pericolosa negazione della sofferenza emotiva:
«Posso e devo mostrarmi felice, la depressione è solo un’invenzione…!»
Si prova, insomma, a “forzare” il proprio spirito di volontà per superare un momento negativo.
Ma la depressione non è un fatto di volontà.
E non basta dichiararsi felici per esserlo davvero.
Può innescarsi un circolo vizioso: più si cerca di essere felici a ogni costo, più si genera stress interiore.
Oppure, per dirla più semplicemente: più si insegue la felicità, più si finisce per tristi.
È un “cortocircuito” che riguarda molto da vicino la cosiddetta depressione sorridente: una depressione nascosta sotto una facciata di serenità, nel tentativo di dimostrare agli altri che si è sempre “a posto”.
Vivere la propria depressione
Provare ad attraversare fino in fondo i momenti di blackout interiore è una strada alternativa ben più faticosa da percorrere.
È faticosa non solo perché è difficile “sostare” nella sofferenza.
È impegnativo anche perché sembra quasi… tempo perso.
«A che serve la depressione?»
Innanzitutto, vivere le proprie emozioni negative è il modo migliore per affrontarle.
Sigmund Freud diceva che «nessuno può essere battuto in absentia o in effigie».
Questa puntualizzazione significa che nessun nemico psicologico (un’emozione di disagio, un’esperienza traumatica…) può essere affrontata negandone l’esistenza e facendo finta che non sia presente nella mente.
Vale anche per la depressione: non basta esprimere forzatamente il suo contrario, ovvero la felicità, per azzerarla.
Ma la domanda a che serve la depressione? può ricevere anche un’altra risposta.
La depressione è una spia che si accende e segnala un malfunzionamento.
Può essere dettata da ragioni immediate e contingenti (es. un lutto, problemi di coppia, problemi al lavoro), ma denota sempre una sofferenza più profonda.
Il momento in cui affiora uno stato depressivo è anche il momento in cui abbiamo la chance di mettere in moto un processo di trasformazione di noi stessi.
Ignorare lo stato di allarme generato dalla depressione è una scorciatoia che però non porta alla felicità.
Negare che esistano motivi di sofferenza significa soltanto posticipare all’infinito il momento in cui quei motivi dovranno essere affrontati.
Prendersi un momento a settimana, attraverso la psicoterapia, per dare libero sfogo alla depressione e incanalarla in un percorso di comprensione, è la soluzione migliore per dare ascolto a questo campanello d’allarme.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova