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«La depressione è un modo più lento di essere morti.»

Non sono molti i pazienti che affermano «sono depresso».

Sono molti di più invece i pazienti che dichiarano «mi sento depresso».

Si tratta di una differenza insignificante? Dire sono depresso o dire mi sento depresso è la stessa cosa?

La risposta è: tendenzialmente, sì.

La depressione è una malattia. Ma è anche uno stato soggettivo.

E la percezione personale della propria depressione è un aspetto importante tanto quanto l’accertamento diagnostico più specifico della malattia.

Cosa vuol dire?

Che se una persona si sente depressa, va aiutata esattamente come se lo fosse; cioè, va aiutata come se gli fosse stata formulata una diagnosi di depressione.

La depressione non sempre è una malattia evidente

Parlare di depressione non è come parlare di una malattia del corpo, che ha manifestazioni concrete e tangibili.

Anche se, va detto, la depressione può colpire anche il corpo, con sintomi come

  • insonnia o ipersonnia;
  • inappetenza;
  • emicrania;
  • disturbi gastrointestinali.

Nonostante questo, capita che la depressione la si confonda con la pigrizia, oppure con la stanchezza cronica.

Capita anche che la si sottovaluti, liquidandola con frasi del tipo

«è solo un momento, passerà.»

In questi casi, però, la depressione si nasconde in piccoli dettagli, spesso comunicati al terapeuta senza rendersene del tutto conto.

La depressione è (anche) una sfumatura che offusca il racconto della vita, come un mantello scuro posato sugli oggetti, sulle situazioni, sulle emozioni…

Magari non tutti dichiarano apertamente mi sento depresso oppure sono depresso; eppure, è la sensazione che restituiscono anche a chi ascolta, che fa pensare alla depressione.

Non c’è piacere nelle cose, non c’è speranza nell’alzarsi al mattino e cominciare la giornata.

Chi soffre di depressione non è detto che lo dica apertamente… ma lo fa capire da ciò che dice.

Perché la depressione è davvero anche una sensazione: un’impressione personale di tristezza, di malinconia, di dolore interiore.

A tutti può succedere di passare un momento negativo o un periodo di particolare “infiacchimento” dell’umore. La depressione è una sorta di iper-evoluzione della “normale” sensazione di tristezza:


Si è tristi sempre, e tanto.

Alle volte la parola depressione non è neanche pronunciata, eppure il suo racconto viene fuori.

Del resto, una delle definizioni di depressione coincide con deflessione del tono dell’umore. Vale a dire, quello che intendiamo quando diciamo

«mi sento così giù…»

E d’altro canto, non sempre è necessario che una persona si esprima con queste parole, per convincerci che è di umore nero.

Sentirsi depressi è essere depressi

Perché in nessun’altra malattia percezione personale e valutazione obiettiva coincidono come nella depressione.

Per questo, sentirsi depressi è una condizione che non va trascurata.

Sentirsi depressi significa sentirsi troppo tristi per fare qualunque cosa che non sia lo stretto necessario, come il lavoro.

Significa percepire che non c’è speranza di miglioramento, e che le cose possono andare soltanto peggio.

Chiedere aiuto è senz’altro il primo passo per risolvere questo stato di progressivo spegnimento.
Farlo, significa far scattare un primo campanello d’allarme dentro se stessi:


Sto sempre male, non posso continuare così!

La psicoterapia può essere la naturale conseguenza di questo primo lampo di consapevolezza personale, nonché, la più indicata.

La depressione logora alla base le nostre spinte all’azione, anche quelle di autoprotezione, o autocura. È come una vocina all’orecchio che sussurra

che ti muovi a fare? Tanto è tutto inutile!

Sgusciare fuori dal sentirsi depressi è complicato perché la depressione intacca la visione del futuronulla vale la pena.

Intraprendere un percorso di psicoterapia dà una prima, poderosa contro-sterzata a questo stato d’inerzia.

Francesco Rizzo

Psicologo Psicoterapeuta Padova