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Perché in psicoterapia non si danno consigli?

In psicoterapia non si danno consigli o pareri personali.

Ma qual è il motivo?

È una domanda che, a un certo punto, sopraggiunge in quasi tutti i trattamenti di cura.

Ed è una domanda “collaterale” alla grande questione come funziona la psicoterapia?

Per questo interrogativo, esiste una risposta più semplice e una risposta ben più articolata.

La risposta semplice suona circa così:

obiettivo di qualunque psicoterapia è quello di determinare nel paziente una sempre maggiore autonomia di scelta e di desiderio.

Tutto ciò che accade in un percorso terapeutico è quindi orientato a favorire questo tipo di acquisizione di “potere personale” sulla propria esistenza.

D’altro canto, chi arriva alla stanza d’analisi, lo fa perché alle prese con un disagio spesso dilemmatico:

  • perché sono sempre così timido nelle relazioni?
  • sono sempre così triste… si tratta di depressione?
  • dovrei lasciare il mio partner?
  • se non sono soddisfatto della mia vita, come posso cambiarla?

E così via.

Di solito, già in poche sedute, tra paziente e terapeuta s’instaura una forma di “collaborazione comunicativa”, che è detta alleanza terapeutica.

Grazie all’ascolto empatico del terapeuta, il paziente intuisce di poter parlare di se stesso senza censure e di potersi fidare a condividere le proprie fragilità.

Qualcuno se ne sente addirittura dipendente… 

Perciò, è comprensibile e quasi fisiologico il momento in cui arrivano domande del tipo

  • secondo lei, come dovrei comportarmi in questa situazione?
  • faccio bene a fare così, oppure dovrei fare colì?

Eccetera eccetera…

Il paziente si aspetta risposte nette e ben definite.

Invece, la cura di qualsiasi forma di malessere emotivo passa… per una non risposta, da parte del terapeuta.

Nessun terapeuta può scegliere per il paziente

Dietro alle richieste di consigli in psicoterapia, si nasconde una paura piuttosto consistente.

È la paura di agire e sbagliare.

Soprattutto al cospetto di decisioni delicate, per molte persone sbagliare significa fallire.

E fallire significa esporsi a sentimenti dolorosissimi di colpa e di vergogna.

Per questo motivo, la fiducia nel terapeuta spinge al desiderio di delegare a lui le scelte più (o meno) impegnative della vita.

Se il terapeuta rispondesse nel merito della domanda, di volta in volta, finirebbe per rinforzare questa dinamica.

Vale a dire, finirebbe per trasmettere indirettamente al paziente un messaggio pericoloso:

«forse in effetti non sei in grado di prendere decisioni per la tua vita, è bene che sia io a farlo per te.»

In realtà, nessun terapeuta può scegliere al posto del paziente.

Così come, nella vita quotidiana, nessuno dovrebbe scegliere al posto nostro, se si tratta di questioni personali.

Se si parla di oggetti concreti, possiamo pensare che esista una risposta giusta e una risposta sbagliata.

Un esempio: se ho un problema con la mia automobile, posso essere sicuro che il mio meccanico di fiducia sappia darmi la dritta giusta (e riparare il danno).

Questo non vale per decisioni che coinvolgono aspetti di vita, e quindi di scelta, così personali.

Ma allora, se non dà consigli… qual è il ruolo di un terapeuta?

La psicoterapia aumenta l’autoconsapevolezza personale

La psicoterapia non offre consigli né suggerimenti, ma sostiene il paziente nella propria autodeterminazione.

Guadagnare consapevolezza sul proprio mondo interno, cioè sulle ragioni inconsce che spingono a prendere (o a non prendere) una determinata decisione.

È questa la vera funzione di un percorso psicoterapeutico.

Questo processo di nuova conoscenza di se stessi, accompagnato dal terapeuta, favorisce la possibilità di fare le proprie scelte in piena autonomia.

Proviamo a calare più nel concreto queste considerazioni.

Una domanda posta da un paziente al terapeuta, pone due opzioni davanti a quest’ultimo:

  • rispondere dando consigli (e quindi, prendere la decisione per lui);
  • offrire una sponda di comprensione delle motivazioni che costringono il paziente a non poter prendere autonomamente quella decisione.

Paziente e terapeuta hanno il compito di capire insieme quali sono gli “ostacoli interni” che rendono così difficile propendere per una strada o per un’altra.

La psicoterapia fornisce alla persona strumenti per capirsi meglio, e di conseguenza, per compiere scelte personali più consapevoli.

Conoscere cosa c’è dietro

  • la propria timidezza;
  • una così marcata ritrosia al cambiamento;
  • il timore di fare quella cosa…;

è il processo che consente di prendere in mano la propria vita e le proprie azioni/decisioni.

Il punto d’arrivo di questo percorso è l’accettazione del fatto che esistono scelte giuste o sbagliate… per la specifica persona.

E che solo quella specifica persona, pur con l’aiuto della psicoterapia, può capire cosa è “giusto” e cosa è “sbagliato” per se stesso.

Francesco Rizzo

Psicologo Psicoterapeuta Padova