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Adolescenza: bulimia e depressione

Adolescenza, bulimia depressione.

Come per l’anoressia, possiamo individuare un consistente legame tra queste tre dimensioni.

Ovviamente, la questione va inquadrata in maniera molto specifica.

Questo perché la formulazione di diagnosi iper-definite, in questa fascia d’età, è un’operazione piuttosto delicata.

La continua e costante mutabilità è la caratteristica più specifica dell’adolescenza.

Ed è proprio in virtù di questa “mutabilità”, che diagnosi troppo statiche rischiano di essere controproducenti.

Bulimia e depressione sono due fenomeni diversi.

In alcuni casi, però, può essere opportuna una valutazione d’insieme.

Per bulimia, intendiamo un disturbo dell’alimentazione caratterizzato da uno stile molto peculiare di assunzione del cibo:

  • abbuffate ricorrenti, in cui l’adolescente mangia molto di più di quanto abbia bisogno e sente una parziale o totale perdita di controllo sulle sue azioni;
  • senso di colpa che si impone al termine dell’episodio di abbuffata;
  • condotte compensatorie, come l’intensa attività fisica o il vomito autoindotto, per “liberarsi” del cibo ingurgitato.

A questa condizione, come è evidente, si accompagna uno stato di stress emotivo intenso.

Anche dal punto di vista fisico, uno stile alimentare bulimico può presentare, nel tempo, un conto salato.

Non è altrettanto agevole “condensare” la depressione in una descrizione sintetica.

Questo perché, in adolescenza, la depressione assume forme varie e un po’ lontane dall’idea di una flessione dell’umore, come ad esempio

Anche la bulimia può rappresentare l’espressione “mascherata” di un disagio depressivo.

Bulimia e volontà di controllo

L’anoressia illude chi ne soffre di poter controllare il proprio corpo e i propri desideri.

Quest’illusione si produce grazie al fatto che il cibo è un oggetto concreto

Smettere di mangiare diventa quindi una prova di forza.

La bulimia, al contrario, rappresenta un vero e proprio cortocircuito di questa percezione.

Gli episodi di abbuffata segnalano proprio una tendenza al “discontrollo.

Il cibo, in adolescenza e non solo, può diventare un riempitivo concreto di un senso di vuoto intollerabile.

La bulimia, attraverso le abbuffate, può incarnare quindi un disperato tentativo di combattere sentimenti di profondo dolore interiore

Non c’è controllo, quindi, c’è invece l’irruenza di emozioni spiacevolissime da seppellire sotto chili di cibo.

La “colpa” che subentra dopo le abbuffate ripristina quello stato di coscienza precedentemente smarrito.

E paradossalmente, prova a riaffermare un barlume di senso di potere su se stessi

«se sono io a procurarmi tutto questo, sono io che posso anche guarirne…»

Questo circolo vizioso che s’innesca tra abbuffate e sensazione di colpa finisce per rinforzare una disfunzionale idea di controllo.

Come se l’adolescente sperimentasse questa “padronanza” sui propri impulsi passando per gli episodi di abbuffata.

È importante chiarire un punto: la bulimia non è semplicemente una reazione alla depressione.

Allo stesso tempo, però, integrare questi due fenomeni in una lettura parallela può offrire strumenti di comprensione e di intervento.  

Psicoterapia della bulimia depressiva

In adolescenza, la psicoterapia è uno strumento prezioso.

Tanto per la bulimia quanto per la depressione.

Anche questo caso, però, una precisazione è d’obbligo: i disturbi alimentari sono “multiformi”.

Pertanto, anche il piano di cura deve essere “multiforme”.

Può essere quindi opportuno coinvolgere professionisti diversi nell’intervento, come psichiatri e nutrizionisti.

La psicoterapia della bulimia depressiva agisce su un doppio livello:

  • nell’immediato, può aiutare l’adolescente a mettere in discussione i propri comportamenti alimentari in un ambiente protetto, non giudicante;
  • a lungo termine, può intercettare le cause profonde del dolore depressivo che innesca questa reazione bulimica.

La gestione del primo livello, così come del secondo, impone una delicatezza professionale davvero considerevole.

Il sintomo bulimico garantisce un… utile indiretto, per l’adolescente che ne soffre.

Questa sorta di vantaggio inconsapevole ha a che fare con la gestione del senso di impotenza, così come descritta nel paragrafo precedente.

C’è una depressione sottostante che agisce, e c’è un sintomo ben evidente, che è la bulimia.

È difficile, per l’adolescente, rinunciare a questa forma – certamente disfunzionale – di equilibrio.

Lo è anche quando la sofferenza è manifesta, e la persona stessa chiede un aiuto.

Diventa allora cruciale sulle ragioni più nascoste del sintomo, ed è un lavoro personalizzato sull’adolescente

Questo perché non esistono cause universali di un malessere psicologico.

Il “senso personale“, della bulimia quanto della depressione, va approfondito senza eccessive generalizzazioni.

Comprendere il significato autobiografico del disagio significa rispettare la condizione di dolore interiore, ma anche poterci intervenire nelle modalità più appropriate.

Francesco Rizzo

 Psicologo Psicoterapeuta Padova