Adolescenza e senso di inferiorità
In adolescenza, il senso di inferiorità è uno dei nemici più imponenti del benessere psicologico.
Ma cosa s’intende per senso di inferiorità?
Sentirsi inferiori significa percepirsi non all’altezza in una determinata circostanza.
Nel caso dell’adolescenza, la “circostanza” è fondamentalmente una: il rapporto con i coetanei.
Questa impressione di inadeguatezza si lega a stretto filo con la bassa autostima.
Esiste però una differenza sottile tra bassa autostima e senso di inferiorità che è bene provare a focalizzare:
- la bassa autostima riguarda la propria immagine di sé, che spesso va al di là del feedback degli altri;
- il senso di inferiorità si connette più intensamente al confronto in cui l’adolescente non può fare a meno di mettersi con chi gli sta intorno (confronto da cui si sente uscire costantemente perdente…).
Entrambe queste condizioni sono in qualche modo orientate dallo sguardo dell’altro, perché è in ciò che si crede pensino gli altri che si annida l’insicurezza di non poter piacere a nessuno.
La bassa autostima, però, può essere considerata una generale sfiducia in se stessi.
Il senso di inferiorità, piuttosto, è la certezza di essere insufficienti rispetto agli altri: meno intelligenti, meno belli, meno simpatici, meno carismatici…
Quasi sempre, questa autopercezione si fonda sulla presenza – talvolta reale, molto spesso presunta – di un difetto
- fisico (bassa statura, sovrappeso, acne, occhiali…);
- caratteriale/di personalità (timidezza, scarso interesse nelle attività più apprezzate dai coetanei…);
- relazionale (balbuzie e relativo senso di vergogna…).
Difficoltà come queste sono sentite come intollerabili dall’adolescente, che non si perdona di essere così fortemente da meno rispetto agli altri.
I rischi del sentirsi inferiori (per il presente e per il futuro)
È evidente come questa costante bocciatura di se stessi possa rendere le interazioni con le persone piuttosto difficili.
Nell’immediato, quindi, il rischio per un adolescente con senso di inferiorità è quello di non riuscire a stringere relazioni soddisfacenti.
Parliamo, prima di tutto, di rapporti amicali.
Il cosiddetto gruppo dei pari è una dimensione fondamentale nel consolidamento dell’autostima e del benessere complessivo in adolescenza.
Avere buoni rapporti con i coetanei è allo stesso tempo sia indice sia rinforzo della sicurezza personale.
Al contrario, chiudersi alla socialità per la vergogna di sentirsi inferiori innesca un circolo vizioso.
Un po’ come un muscolo che non si allena, e perde forza, tono…
L’adolescente che evita le relazioni sotto il peso del senso di inferiorità si preclude la possibilità di “allenarsi” allo scambio con gli altri.
Per relazioni soddisfacenti, però, parliamo anche di relazioni con potenziali partner.
O, in linea più generale, con la sensazione di poter essere attraenti per un potenziale partner.
Anche questa strada, fondamentale per il benessere (in adolescenza e non solo…) finisce per essere sbarrata dal senso di inferiorità.
Il rischio a lungo termine, perciò, è quello di farsi terra bruciata intorno, per quanto riguarda la socialità.
La difficoltà ad avere interazioni gratificanti finisce per dare conferma a quanto di negativo si pensa di se stessi.
Se la propria autopercezione non cambia, l’impossibilità di avere relazioni si proietta anche nel futuro dell’adolescente.
Psicoterapia dell’immagine di sé
Sintetizzando all’osso, si può dire che la psicoterapia è uno strumento per migliorare la propria immagine di sé.
Aumentare il proprio senso di sicurezza non è certo un capriccio di narcisismo.
In adolescenza così come in età adulta, il bisogno di accettazione da parte degli altri è una dimensione di salute emotiva fondamentale.
Poter ammorbidire le rigidità che contraddistinguono le idee su di sé diventa quindi necessario per stare bene.
La psicoterapia è una risorsa preziosa per
- tamponare nell’immediato la sofferenza del non sentirsi accettati per quello che si è;
- risolvere nel profondo la “causa originaria” che alimenta il senso di inferiorità nelle relazioni.
Può essere particolarmente “urgente” intervenire sull’immagine di sé nell’età dell’adolescenza.
È esattamente in questa fase, infatti, che le condizioni problematiche possono “cristallizzarsi” fino a condizionare anche il futuro della persona.
Intraprendere un percorso di psicoterapia significa, in altri termini, curare la propria autostima.
“Curare”, in questo caso, vuol dire proprio prendersi cura.
La creazione di uno spazio sicuro per l’adolescente – che è quello che accade in psicoterapia – è già, di per sé, piuttosto “curativo”.
Attraverso l’analisi di ciò che non funziona nelle interazioni con gli altri, chi fa psicoterapia può riprendere l’allenamento alla relazione.
Nel contempo, può lavorare sulle proprie distorsioni automatiche di pensiero che rinforzano le difficoltà sociali.
Sgomberare il campo da questi “equivoci” spiana la strada alla ricerca delle cause profonde che alimentano il senso di inferiorità.
Si tratta di ragioni personali, che variano da individuo a individuo, e poterle raggiungere è il primo passo per alleggerirne il peso.
Questo doppio lavoro – a breve termine e a lungo raggio – risana l’immagine di sé e rende stabili i miglioramenti.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova