Adolescenza: timidezza o bassa autostima?
In adolescenza, timidezza e bassa autostima sono condizioni piuttosto affini tra loro.
Eppure, una distinzione è doverosa, perché tra l’una e l’altra corre una differenza importante.
Ed è importante farlo proprio in adolescenza, dal momento che la personalità si consolida principalmente in questa stagione della vita.
In linea generale, possiamo definire la timidezza come una caratteristica personale.
Non c’è niente di male, o di eccessivamente preoccupante, in un po’ di timidezza.
Al contrario, la bassa autostima è un’espressione di malessere più strutturata (e quindi, più allarmante).
Essere timidi, in adolescenza così come in età adulta, può significare essere riservati.
Non credere in se stessi per bassa autostima, invece, significa sentirsi inadeguati e continuamente esposti a figuracce.
La cosiddetta timidezza patologica è il tratto di congiunzione tra riservatezza e sfiducia nelle proprie possibilità.
Questa forma di apprensione sociale non deve essere sottovalutata perché rappresenta l’anticamera della bassa autostima.
Come distinguere tra semplice timidezza e bassa autostima?
In maniera immediata, possiamo dire che si tratta di una questione di intensità.
Un po’ come accennato prima, la timidezza in sé e per sé non è un tratto patologico.
La timidezza è una forma di introversione, ovvero una tendenza a orientare le proprie attenzioni verso se stessi e il proprio mondo interiore.
Parliamo quindi di una propensione che contribuisce allo sviluppo di attributi caratteriali “nobili”, come la riflessività e la sensibilità.
Insomma, si può dire che la timidezza “normale” è una scelta.
Tuttavia, la timidezza può essere dettata da una profonda insicurezza in se stessi.
È questo genere di autopercezione negativa a trasformarsi in bassa autostima.
Sentirsi non all’altezza non è certo una scelta…
Anzi, chi soffre di bassa autostima, molto spesso è anche parecchio desideroso di socialità.
Sfortunatamente, sentirsi così poco apprezzabili finisce per creare una parete divisoria invalicabile tra se stessi e gli altri.
L’adolescente timido, quasi sempre, sa quando è il caso di tirare fuori gli artigli… e sa anche come farlo!
Per contro, l’adolescente che non si stima sente impossibile qualsiasi moto di intraprendenza.
Che sia con un partner, un amico, un insegnante, un genitore…
La timidezza patologica costruisce la bassa autostima.
La netta convinzione di non poter stringere relazioni con gli altri è un propulsore della convinzione di non valere abbastanza.
Aiutare con la psicoterapia un adolescente che non crede in se stesso
Per sintetizzare quanto detto, che si tratti di timidezza patologica o bassa autostima, può davvero essere il caso di intervenire con risolutezza.
Non parliamo, purtroppo, di problematiche che incidono soltanto in adolescenza.
La difficoltà a imporsi nel mondo è un aspetto di vulnerabilità che può inquinare anche il futuro del ragazzo.
Basti pensare a un inserimento lavorativo, o alla scelta di un partner.
La psicoterapia realizza un obiettivo triplice:
- nell’immediato, mitigare il doloroso impatto emotivo di questa sofferenza relazionale;
- a medio termine, ricostruire il significato di esperienze ed episodi che hanno agito da rinforzo per la timidezza patologica o la bassa autostima (es. problemi a scuola, con i compagni…);
- a lungo termine, individuare la ragione profonda della poca considerazione di se stessi.
Intraprendere un percorso di psicoterapia in adolescenza può essere fondamentale perché interrompe il circolo vizioso su cui si regge il problema, e soprattutto, lo risolve anche in chiave futura.
La psicoterapia diventa quindi un modo per guadagnarsi una chance di benessere che non si limita al presente.
Raramente, però, è semplice convincere un adolescente a tentare la soluzione della psicoterapia.
Nel caso della bassa autostima, questa difficoltà s’inasprisce ulteriormente, perché il ragazzo non crede nelle sue possibilità di far “fruttare” questa opzione.
Diventa allora fondamentale lavorare sulla sua motivazione.
Può essere molto prezioso presentare la psicoterapia come uno spazio in cui (finalmente!) poter sfogare la propria sofferenza senza il timore di essere giudicato.
Il timore del giudizio negativo, del resto, è particolarmente intenso in chi soffre di timidezza patologica o scarsa considerazione di se stesso.
La psicoterapia, in un certo senso, è come un ambiente protetto, in cui fare esperienza di se stessi e del proprio modo di relazionarsi.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova