Sentirsi un cattivo genitore
Essere genitore è un’esperienza che va intesa come un lungo processo, piuttosto che come un singolo momento.
Si può dire che a diventare genitori si comincia addirittura prima che un figlio sia stato messo al mondo.
Quella di padre o di madre è un’identità, non un semplice “ruolo”.
È per questo che la sensazione di sentirsi un cattivo genitore è così fortemente impattante.
Provare un’emozione simile significa esporsi a diverse, e contemporanee, percezioni negative di se stessi:
- sto facendo del male alla persona cui voglio più bene;
- mi sto dimostrando manchevole nel compito più importante che ho;
- sto tradendo la mia identità.
In linea generale, non sentirsi all’altezza di qualcosa è un’impressione dolorosa, perché demolisce la propria autostima personale.
Nello specifico, immaginarsi come un genitore cattivo significa proprio sentire di venir meno a una responsabilità fondamentale.
I comportamenti e gli atteggiamenti messi in campo per gestire questo malessere si esprimono all’insegna di un’urgenza: liberarsi del senso di colpa.
Sentirsi un cattivo genitore, in effetti, impone sensi di colpa talvolta talmente schiaccianti da impedire qualsiasi azione correttiva.
L’urgenza di risolvere questo stato di cose, purtroppo, quasi mai produce effetti incoraggianti.
Genitorialità e adolescenza
Da un punto di vista statistico, la sensazione di essere un cattivo genitore è più frequente nella fase dell’adolescenza del proprio figlio.
C’è un motivo che spiega questa “regola”.
L’adolescenza è una stagione della vita densa di… turbolenze emotive.
Un’instabilità che si esprime
- nella ricerca di un’affermazione forte di sé;
- nella “sfida” all’autorità genitoriale.
Un figlio adolescente, spesso, mette in atto comportamenti in grado di generare risposte molto intense da parte dei genitori.
In adolescenza, per la prima volta il ragazzo comincia a farsi sentire.
Magari, inizia a dire i primi no, a protestare, a trasgredire norme che ha sempre accettato.
Oppure, dà vita ad atteggiamenti che destano preoccupazione, tipo
- un calo consistente nella performance scolastica;
- un’apatia e una pigrizia “sospette” («mio/a figlio/a non è mai stato così!»)
- un’irascibilità che si mette in moto anche per inezie;
e così via.
Insomma, l’adolescenza è un campo di prova estremamente impegnativo per un genitore.
Espressioni così “evidenti” di disagio innescano un senso di allarme e di urgenza.
Più di una volta, però, mettono in moto anche la sensazione di essere i primi e diretti responsabili di questo disagio.
Da cosa dipende questa propensione a sentire il malessere di un figlio come frutto di propri errori?
Apparentemente, è facile rispondere a una domanda del genere:
«sono io sua madre/sono io suo padre, se sta male dipende da me!»
È un meccanismo di pensiero che si attiva in maniera del tutto automatica, ed è perfettamente comprensibile.
Tuttavia, un’idea di questo tipo contiene una convinzione inconsapevole molto potente:
«tutto quello che succede nell’esistenza di mio figlio… dipende da me»
A ben vedere, una percezione di questo tipo è irrealistica.
In adolescenza (e non solo), la vita di un ragazzo è costellata di accadimenti che spesso sfuggono al controllo di un genitore.
Pensare di avere il “potere” di direzionare sempre in positivo le esperienze di un figlio finisce per essere una responsabilità non davvero realizzabile.
La percezione di non essere in controllo può essere angosciante.
È però un dato imposto dalla realtà, che bisogna accettare.
Paradossalmente, potersi liberare di una responsabilità così totalizzante può far sentire meno colpevole un genitore.
Il che, è evidente, non vuol dire che non si debba intervenire se c’è qualcosa da sistemare.
Psicoterapia per genitori
L’adolescenza è quindi un passaggio di vita complesso anche per una mamma o un papà.
È una fase che mette in discussione la propria identità: come genitori, ma prima ancora… come persone.
Possono riaffiorare a galla questioni irrisolte, inconsapevoli, che possono riguardare proprio il tema della responsabilità personale.
Ciascuno dà uno specifico significato soggettivo ai grandi temi della vita che dipende dalle proprie esperienze e dalla propria storia esistenziale.
Sentirsi un cattivo genitore, sia che succeda durante l’adolescenza del proprio figlio sia anche che succeda prima, può rappresentare un campanello d’allarme più generale.
In questo senso, può quindi diventare un’opportunità per prendersi cura di se stesso come genitore e come persona.
«perché sento così intensamente che tutto quanto succede… dipende da me?»
Il senso di colpa che deriva da un’impostazione di pensiero del genere non mette a repentaglio soltanto l’esperienza genitoriale in sé e per sé.
Una convinzione interiore di questo tipo è in grado di peggiorare la qualità di vita a 360°.
Può ad esempio ostacolare i rapporti di lavoro, o quelli col partner.
Parlare di psicoterapia per genitori significa affrontare nell’immediato il malessere che deriva da difficoltà e incomprensioni nei rapporti con i figli.
Più in generale, però, significa anche potersi prendere cura di sé come persone, al di là del “ruolo” genitoriale.
Si tratta di un’opportunità di rinascita personale molto preziosa, in grado di migliorare sia la gestione familiare, sia il benessere in tutti gli altri ambiti di vita.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova