Depressione Padova – Cura della Depressione a Padova – Dott. Francesco Rizzo Psicologo
Quando la depressione azzera il piacere
La totale assenza di piacere è uno dei sintomi più frustranti della depressione.
L’azzeramento della gioia di vivere, in termini tecnici, è definito come anedonia.
Anedonia significa non provare soddisfazione né piacere in tutte quelle attività della vita che, di consueto, si accompagnano a sensazioni di gratificazione.
Esempi possono essere
- occasioni sociali con amici e/o il proprio partner;
- il cibo;
- i propri hobby;
- il sesso.
Alcuni pazienti con anedonia parlano addirittura di disinteresse a provare soddisfazione o gioia.
La depressione, come un buco nero, assorbe dentro di sé il piacere di vivere.
L’annullamento della capacità di provare piacere non fa altro che rinforzare il sentimento depressivo.
Insomma, depressione e anedonia si alimentano in un circolo vizioso che sembra interminabile.
In effetti, potremmo parlare proprio in termini di depressione del piacere, come se il piacere si schiacciasse sul fondo della malinconia fino a scomparire.
Come si manifesta la depressione del piacere?
Purtroppo, è molto frequente l’anedonia all’interno di stati depressivi.
Si manifesta in una maniera piuttosto insidiosa: non è uno scoppio sintomatologico, cioè non è qualcosa che avviene di botto e in maniera clamorosa.
Piuttosto, l’anedonia comincia sottilmente a farsi sentire nelle piccole attività di tutti i giorni.
Inizia a rosicchiare il piacere che, normalmente, la persona provava ad esempio nel proprio tempo libero.
Lentamente, l’anedonia abitua a una vita senza piacere.
Ed è una sensazione dolorosa: si svolgono le stesse attività che un tempo regalavano soddisfazione, ma ci si sente piatti, insensibili.
Da un lato, ci si sente indifferenti a tutto.
Dall’altro, però, si ha la profonda sensazione che non è sempre stato così:
«so cosa vuol dire essere felici, per questo adesso mi manca tanto.»
L’anedonia può inizialmente manifestarsi anche come una forma di stanchezza cronica che colpisce anche nei momenti che normalmente danno piacere.
Quanto è pericolosa l’anedonia?
Non c’è da girarci intorno: l’anedonia è un consistente fattore di rischio di suicidio.
Per questo, all’interno di un quadro di depressione, è da attenzionare con grande cautela.
Come mai l’assenza di piacere si lega al rischio di suicidio?
Perché, giorno dopo giorno, l’appiattimento della gioia di vivere innesca la sensazione che tutto è uguale e nulla cambia.
Per questo, anche l’idea di togliersi la vita finisce per diventare accettabile.
È come la depressione, attraverso l’anedonia, risucchiasse il valore profondo delle cose, persino la paura della morte.
Qualcosa si “scinde” interiormente:
- c’è la sensazione cosciente di essere distaccati da tutto;
- c’è, allo stesso tempo, la sensazione più interna di una profonda infelicità.
Si potrebbe paragonare questa impressione a un vuoto che non si riesce a riempire:
«so che c’era qualcosa, in quel vuoto!»
Sentirsi condannati a una vita di insoddisfazione è quindi non solo frustrante, ma anche pericoloso.
Si finisce per pensare che non ne vale più la pena.
Come affrontare la mancanza di piacere?
Innanzitutto, tentando di recuperare la sensazione che un cambiamento è possibile.
Non è possibile chiamare speranza questo tipo di convinzione: nell’anedonia non esiste speranza.
Inizialmente, semmai, è piuttosto un pensiero razionale e cosciente:
«so che c’è un problema, ma i problemi possono essere risolvibili…»
A partire da questo tentativo, è possibile attivare un percorso di cambiamento.
La depressione e l’anedonia, d’altro canto, possono necessitare anche di un intervento psichiatrico-farmacologico.
È un’idea che spaventa: è bene riflettere, in questo caso, sul fatto che una cura psichiatrica sarebbe presumibilmente temporanea, e non a vita.
Depressione e anedonia vanno però affrontati anche e soprattutto dal punto di vista psicologico.
La psicoterapia, ancora di più della pur importante terapia farmacologica, rappresenta un’occasione di cambiamento radicale.
Qualcosa si è spezzato dentro, come spesso raccontano i pazienti depressi.
Per capire cosa, e per capire come, è necessario prendersi del tempo e raggiungere la profondità del malessere.
Vale a dire: serve capire cosa c’è che non funziona più nelle proprie emozioni, a cosa si aggancia la depressione.
Per comprendere dove si annida la difficoltà, è necessario un lavoro di consapevolizzazione del proprio mondo interno.
Cioè, una presa di coscienza di tutto ciò che si muove dentro, in maniera non manifesta, e genera la sensazione di anedonia.
Non esiste un’unica depressione.
Al contrario, la depressione va “calata” nella realtà soggettiva della singola persona, che ha i suoi specifici motivi per soffrirne.
Esiste la possibilità di riannodare il filo del piacere e di recuperare la capacità di provare gioia.
È un lavoro lungo, ma ne vale la pena, perché non c’è niente di più appagante della sensazione di essere di nuovo in controllo della propria vita e delle proprie emozioni.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova