Un adolescente ha diritto alla propria privacy?
La risposta è certamente sì.
È altrettanto vero, però, che la privacy in adolescenza è una questione piuttosto complessa.
In linea generale, poter godere della propria privacy rappresenta un’esigenza fondamentale dell’essere umano.
Privacy significa possedere uno o più spazi della propria vita che non contemplano la presenza dell’altro.
Nel caso di una persona adulta, vuol dire poter coltivare abitudini, attività, o anche segreti, senza che tutto questo debba essere condiviso con chicchessia.
Nel caso dell’adolescenza, il discorso si fa delicato:
è ammissibile lasciare così tanto spazio privato a un adolescente?
Anche in questo caso, la risposta tende al sì.
Come accennato, la privacy non è solo un diritto, ma è anche un’esigenza prima di tutto mentale.
Nello specifico caso dell’adolescenza, garantire privacy vuol dire in modo particolare accettare che il proprio figlio abbia dei segreti.
L’essere umano ha bisogno di mantenere dei segreti.
D’altro canto, chi ne resta fuori può avvertire un certo disagio.
Un genitore che si sente escluso da una porzione di vita del proprio figlio adolescente può vivere quest’esperienza con frustrazione e senso d’impotenza.
«E se mi nascondesse qualcosa che ha a che fare con la sua salute?»
«E se rimanessi all’oscuro di qualcosa che può influenzare profondamente il suo benessere e il suo futuro?»
È in questo tipo di timori – perfettamente legittimi e comprensibili – che può “incastrarsi” il pensiero di un genitore di fronte alla privacy di un figlio adolescente.
Segreto, agli occhi di un genitore, può finire per diventare illecito, clandestino.
Accettare che un figlio abbia dei segreti
L’adolescente non solo ha bisogno di poter mantenere segreta una parte della propria vita.
Ha anche bisogno di percepire la fiducia dei suoi genitori, e il rispetto di questo diritto alla segretezza.
La possibilità di avere privacy diventa una negoziazione genitori-figli:
«Se mi volete bene, dovete accettare che parte della mia vita non sia sotto il vostro controllo.»
Questo è il messaggio implicito lanciato da un adolescente che prova a tenersi i suoi segreti.
È evidente che una manovra del genere non mette i genitori in una posizione molto comoda…
Il conflitto interiore, a questo punto, diventa
«Gli do fiducia oppure mi impongo?»
Il rischio percepito nell’assecondarlo può essere quello di lasciare il ragazzo da solo a gestire problemi potenzialmente molto complessi, del tipo
e se fosse vittima di bullismo?
e se il suo segreto fosse l’uso di sostanze stupefacenti?
e così via.
Il rischio nell’uso del pugno duro, invece, è quello di perdere la “collaborazione” del figlio, vale a dire il rapporto di fiducia che esiste tra le due parti:
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Un adolescente a cui si estorcano i propri segreti è un adolescente che farà di tutto per tenerli ancora più nascosti.
In adolescenza la possibilità di conservare la propria privacy, soprattutto ai propri genitori, ha davvero un valore fondamentale.
Adolescenza e privacy: quando c’è da preoccuparsi?
Non è semplice rispondere a questa domanda, perché la gravità di una condizione adolescenziale va soppesata di caso in caso.
In generale, un campanello d’allarme può suonare quando il proprio figlio non parla con nessuno.
Quando, cioè, l’impressione è che il ragazzo non possa o non voglia confidarsi con alcuna persona.
La preoccupazione, in questo caso, è più che legittima.
Non riguarda, però, soltanto i segreti in sé e per sé.
Piuttosto, ha a che fare con il quadro relazionale complessivo del ragazzo.
Sentire di non avere persone con cui poter condividere il proprio mondo e i propri pensieri è una fonte di sofferenza emotiva consistente.
La depressione giovanile ha, tra le proprie cause, anche la sensazione di una diversità tale, rispetto agli altri, da impedire la comunicazione affettiva.
Insomma, tra un adolescente che tiene segreta parte della sua vita ai genitori, e un adolescente che sente di non poter parlare né con loro né con nessun altro, passa una bella differenza.
In casi come questo, può essere importante la consultazione di un professionista, e la progettazione di un intervento di cura mirato a questa forma di silenziosa depressione.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova