Non litigare significa non modificare mai il rapporto con gli altri
La domanda perché evito sempre i conflitti? avrebbe una risposta apparentemente semplice, immediata:
«eviti i conflitti perché senti di non poterti permettere di entrare in scontro con chi ti sta intorno»
Che si tratti di un genitore, di un partner, di un collega al lavoro o del capo, per molte persone fa spavento l’idea di esprimere in maniera diretta ciò che non aggrada del comportamento altrui.
La domanda, ben più complicata, cui è necessario dare risposta è allora
«perché i conflitti mi fanno così paura?»
Non esiste una risposta universale a questo interrogativo: esiste una risposta soggettiva, ovvero, una risposta che vale per la singola persona alle prese con questo tipo di problema.
Una risposta che trova spiegazione in motivazioni individuali, legate alla storia personale e alle esperienze di chi sente di dover evitare i conflitti.
Eppure, è possibile anche formulare una riflessione più “generale” sul tema.
Evitare i conflitti per evitare il rifiuto altrui
In linea di massima si può dire che evitare i conflitti, quanto più possibile, fa sentire protetta la persona.
Questo tipo di dinamica riflette una convinzione più o meno consapevole:
i conflitti sono distruttivi. Quando si litiga, poi non si torna più indietro…
Per la persona che si sente “obbligata” a evitare i conflitti, l’idea è che da un bisticcio non possa nascere mai niente di positivo.
Non esiste la possibilità di un confronto costruttivo: scontrarsi significa piombare in un disaccordo totale e immodificabile.
Qual è la conseguenza di questa temuta divergenza?
La conseguenza, per chi teme i conflitti, è l’odio dell’altro.
«se faccio presente che non sono d’accordo con lui/lei/loro, finirò per farmi detestare…»
Il retropensiero attivo in questo ragionamento è esprimersi significa far sentire in difficoltà la persona che ci sta davanti; far sentire in difficoltà la persona che ci sta davanti significa guadagnarsi la sua immodificabile avversione.
Per coloro i quali si domandano perché evito sempre i conflitti? la risposta è quindi per proteggersi dall’altro e per evitare il suo rifiuto.
Evitamento dei conflitti e psicoterapia
Litigare, o anche solo affrontare l’altro con decisione, espone alla certezza (percepita) che l’altro possa stancarsi e… abbandonarci.
Nel caso di un collega di lavoro, questo può voler dire inquinare i rapporti con l’intero entourage professionale.
Nel caso di un partner, questo può voler dire avere la certezza che verremo lasciati:
«la persona non può amarmi, se faccio venir fuori ciò che penso davvero di lui/lei/loro…»
Evitare i conflitti è quindi un meccanismo di difesa contro la paura del rifiuto e dell’abbandono.
Questo tipo di paura alberga in ognuno di noi; per qualcuno, però, è un timore talmente intenso da orientare ogni tipo di decisione.
Tutto è fatto in funzione di scongiurare la disapprovazione altrui.
Evitare i conflitti, però, è un sacrificio enorme che richiediamo a noi stessi.
Espone a un senso doloroso d’inautenticità: non esiste persona a cui vada bene sempre tutto, e il fatto di non poter esprimere il proprio dissenso è una fonte di stress emotivo consistente.
Come accennato, le ragioni soggettive di questa difficoltà ad affrontare i conflitti risiedono nella storia individuale della persona.
Vanno quindi affrontate come tali in psicoterapia: non esistono ricette universali, il lavoro psicoterapeutico che si può fare è come quello di un sarto che cuce un vestito su misura.
Vale a dire: vanno individuate e rimesse in discussione le cause profonde della paura di scontrarsi con l’altro.
È un lavoro che impone un tempo lungo, ma il beneficio che ispira è quanto di più prezioso ci sia: poter stare con gli altri in serenità, anche quando non è possibile evitare il doversi affrontare “a muso duro”.
Lavorare sulla propria difficoltà con i conflitti significa quindi poter sentire, finalmente, che il prezzo da pagare al confronto con l’altro non è per forza il rifiuto, e così acquisire sicurezza e spontaneità nelle relazioni.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova
Vi insegnano male alla scuola per psicologi. Tutto questo articolo è un film. Io evito i conflitti per dare importanza alla serenità, alla positività, alla crescita derivata da menti positive e serene. Nel 95% delle volte i conflitti non sono “costruttivi”, ma sono il risultato della spazzatura mentale di gente debole, che viene scaricata addosso a persone vicine (come familiari o amici molto intimi). Una persona intelligente non crea conflitti, ma pace.
Detto questo io non ho paura del rifiuto e sono una persona perlopiù assertiva (la maggior parte del tempo), quindi anche su questo l’articolo è sbagliato.
Gentile Fulvio,
la ringrazio del suo commento.
Quanto scrivo non copre l’intera gamma umana delle possibilità, delle esperienze, delle traiettorie di vita e caratteriali. Mi compiaccio che non si senta riconosciuto da questo testo; d’altro canto, quello che ho cercato di delineare è una paura piuttosto frequente all’interno dei rapporti interpersonali: a molte persone succede di non porsi in scontro, o di non comunicare il proprio stato d’animo, o ancora di non esprimere il proprio punto di vista, perché preoccupati di contrariare o ferire l’altro.
Credo però che alla parola conflitto possano essere attribuiti diversi significati, più o meno affini tra loro. Nel mio dizionario personale, questa parola ha più attinenza con la parola “confronto” che con la parola “scontro”.
Credo meno, al contrario, all’idea che esista una dicotomia tra “menti positive” e “gente debole”. Senza dubbio ci sono persone che riescono a trovare un equilibrio esistenziale più solido e persone che vivono forme di malessere più marcato.
Ad ogni modo, penso che saper “confliggere” significhi saper porsi in una dinamica costruttiva (in maniera un po’ diversa da quanto sostiene lei, personalmente credo in modo fermo che esistano conflitti “costruttivi”) all’interno di situazioni che possono apparire polarizzate in una direzione o in un’altra.
Ritengo addirittura che condividere, e attraversare con l’altro, il proprio personale malcontento – per qualsivoglia situazione – sia una strada maestra verso la positività e il benessere: questo perché emozioni come risentimento, rabbia, ostilità, fanno parte dell’esperienza umana in maniera fisiologica, e sentire che è possibile esprimere queste emozioni senza sentirsene soverchiati, e allo stesso tempo senza sentire di soverchiare l’altro, è una grande conquista.
Può dirmi che ne pensa, se le va; intanto, la saluto cordialmente.