Tra cose positive e cose negative, scelgo sempre le seconde…
Molte persone avvertono dentro di sé una propensione insopprimibile a concentrarsi soltanto sulle esperienze negative.
Questo tipo di attitudine si manifesta, ad esempio
- nel momento in cui si ripensa al proprio passato: ad es., di una relazione d’amore terminata, si tende a ricordare principalmente ciò che non ha funzionato;
- nel momento in cui si riceve un complimento per qualcosa che si è fatto, o per il proprio look, etc. ..: a dispetto degli elogi, si tende ad “auto-sottolineare” gli aspetti che potrebbero smentire quegli stessi elogi.
Se sulla bilancia ci sono “cose” positive e “cose” negative, per qualcuno l’attenzione non può che direzionarsi unicamente sulle cose negative.
Non si tratta di falsa modestia, come qualcuno spesso sentenzia.
Si tratta, piuttosto, di non riuscire a credere davvero in se stessi.
Oppure, per dirla in altri termini, non riuscire a fare affidamento sulle proprie capacità e/o sulle proprie caratteristiche.
«Se mi dicono che ho fatto un buon lavoro, è perché non si sono accorti di tutti gli errori che ho fatto…»
«Mi dicono che sto bene con questo vestito, ma non si rendono conto di quanti difetti mi faccia…»
Nel momento in cui arriva un attestato di stima, è come se il cervello inviasse un input del tipo: non puoi crederci, le cose non stanno davvero così.
«Mi concentro solo sulle cose negative»: da cosa dipende?
Concentrarsi in unica istanza sulle cose negative di se stessi è un attributo tipico delle persone che si sentono sempre “in prestazione”.
Vale a dire, le persone che sentono di non poter mai allentare la tensione quando sono in compagnia di altri.
In questo caso, la convinzione più o meno consapevole è
«Se mi lascio andare, la gente scoprirà che sono un bluff.»
Per le persone che sentono di poter guardare solo agli aspetti negativi, è difficile pensare di avere peculiarità positive.
Spesso succede persino che i complimenti ricevuti sortiscano l’effetto opposto rispetto a quello di incoraggiare e rinforzare l’autostima.
Spesso, i complimenti fanno sentire bugiardi.
La dinamica è persino paradossale:
La singola critica ricevuta conferma quanto si pensa di se stessi.
Nessuna lode può convincere del fatto di valere effettivamente qualcosa.
Il punto è che tutto ciò che accade di positivo sembra un’eccezione.
Tutto ciò che accade di negativo, al contrario, è la regola.
Questa tendenza così costantemente svalutante ha delle ragioni di esistenza profonde.
Qualcosa, nella propria storia personale, ha imposto l’idea di non poter meritare l’amore altrui.
Amore altrui che si declina, lungo l’arco della vita, sia negli incoraggiamenti ricevuti da chi ci sta intorno, sia dai momenti piacevoli che si possono collezionare con le persone amate.
Come vivere con più equilibrio il giudizio su se stessi?
La sensazione di concentrarsi solo sulle cose negative, spesso, non è una caratteristica che motiva nell’immediato una richiesta di psicoterapia.
Piuttosto, è qualcosa che un po’ si nasconde, un po’ si dà per scontata.
Accade spesso che i pazienti, sollecitati a osservare quante volte esprimono parole di disistima per se stessi, finiscano per rispondere con apparente nonchalance
«Ah, beh, ma è da sempre che sono così!»
Come se fosse un dato immodificabile della personalità.
A ben vedere, però, è un’impostazione di pensiero che limita enormemente le relazioni e il benessere personale.
Sentire di non aver nulla da dare agli altri è un’esperienza dolorosa, anche se apparentemente non “filtra” nella percezione del vivere quotidiano.
Sentire di non valere nulla, e di essere un bluff di cui le persone non si accorgono, impedisce di vivere con serenità qualsiasi interazione, che si tratti di un partner, di un amico, di un collega di lavoro…
Il lavoro che è possibile sviluppare in psicoterapia è una “indagine” sui motivi profondi, nascosti, che portano a considerarsi soltanto negativi.
Attraverso l’ascolto costante di quelle considerazioni banali (apparentemente!) che evidenziano il proprio non valere nulla, è possibile individuare una sorta di “regolarità”, del tipo
«Ogni volta che mi parla del suo partner, si descrive sempre come inferiore a lui…»
«Tutte le volte che riceve un complimento non perde occasione per sottolineare le sue mancanze, come quando ha risposto…»
Questo tipo di interazione terapeutica è il punto di partenza per penetrare la superficie del è da sempre che va così…
L’individuazione dei momenti nei quali la persona potrebbe concentrarsi sugli aspetti negativi ma finisce per concentrarsi sulle cose negative è il primo passo per “riavvolgere il nastro” e tornare a quando tutto è iniziato.
In altri termini: per tornare al momento e alle esperienze che hanno inciso dentro la convinzione di non poter ricevere dimostrazioni d’amore da parte degli altri.
Portare avanti questo tipo di lavoro non significa diventare “presuntuosi”, o affamati di relazioni sempre positive e rassicuranti con gli altri.
Significa, piuttosto, riequilibrare ciò che si crede di se stessi e vivere con più serenità le lodi e le critiche che possono arrivare.
Poter contare su un’autostima più solida – che pure è un obiettivo della psicoterapia – vuol dire poter accettare con la giusta stabilità le esperienze positive e le esperienze negative.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova