Esiste una forma patologica di indecisione?
Negli ultimi anni si è abusato del suffisso patologico affiancato a termini e aggettivi.
“Bugiardo patologico” è un esempio abbastanza classico.
In generale, questo tipo di uso della formula patologico indica un eccesso, un’esagerazione di un tratto che di per sé potrebbe apparire come normale.
L’indecisione è una condizione che ciascuno, nella propria vita, ha senz’altro sperimentato.
Esiste però una forma di incertezza cronica, di dubbio costante, che va al di là della comune indecisione.
È una forma di difficoltà a compiere scelte che finisce per essere paralizzante.
Insomma, l’indecisione diventa patologica quando
- è onnipresente, che si tratti di una decisione semplice o di una decisione più elaborata;
- è limitante, ovvero impedisce di vivere la vita con tranquillità.
Sono quindi gli effetti dell’indecisione a farsi patologici:
non decidere, quasi sempre, significa non agire.
Il rovello permanente è una spia d’allarme importante: segnala la presenza di un blocco personale che va affrontato.
Da cosa dipende l’indecisione patologica?
L’indecisione patologica origina dalla paura dell’errore.
Può trattarsi di scegliere la pizza migliore all’interno di un lungo menù.
Oppure, può trattarsi di una scelta delicata, complessa, che riguarda la propria relazione o il proprio lavoro.
Fatto sta che arenarsi nelle decisioni significa temerne le conseguenze.
Se non scelgo, non posso sbagliare.
È questa la convinzione inconscia di chi languisce nell’eterna perplessità.
Rimandare il momento di una scelta definitiva vuol dire rimandare il futuro.
Il punto nodale della difficoltà a scegliere è la sensazione che la posta in palio sia enorme.
Come se da ogni singola scelta dipendesse qualcosa di fondamentale.
Nell’esempio banale della pizza sul menù, così come in quelli più complessi che riguardano il proprio lavoro o la propria relazione sentimentale, in gioco c’è una soddisfazione ideale.
La mia scelta deve essere perfetta. Non posso espormi al rischio di pentirmene.
È un po’ come se qualunque decisione avesse a che fare con l’identità profonda della persona.
Come si cura l’indecisione patologica?
La paura dell’errore nasconde quasi sempre la paura del giudizio
- da parte degli altri;
- da parte di se stesso.
Cosa fa la differenza tra chi sente di poter agire con serenità, e chi è spaventato dalle decisioni?
Il peso e il significato che vengono assegnati alla scelta.
Chi riesce a operare decisioni in tranquillità, si sente all’altezza della situazione.
Percepisce che la propria immagine di sé complessiva non dipende dalle conseguenze delle proprie iniziative (o almeno, non solo…).
Chi ha paura delle decisioni, invece, sente che il giudizio è sempre dietro l’angolo.
E il giudizio è una forma di punizione, o autopunizione, intollerabile.
La paura del giudizio dipende da caratteristiche personali per le quali non è possibile stilare una sorta di “catalogo”.
Ciascuno ha la propria, specifica motivazione per la propria difficoltà ad agire.
Per individuarla e modificarla, la soluzione migliore è la psicoterapia.
Un percorso personalizzato di psicoterapia perlustra a fondo la storia personale fino a raggiungere i nodi più problematici.
È solo attraverso l’individuazione di questi aspetti di sé, che è possibile procedere con un intervento di trasformazione.
Quello che va capito – ed è possibile con una psicoterapia ben mirata – è perché, per quella persona e non per altre, esiste una tale paura della decisione da arrestare ogni iniziativa.
Trovare la causa profonda dell’indecisione consente di “smontare” le autoconvinzioni che si sono prodotte a sostegno della paura di scegliere.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova