Importante per tutti, speciale per nessuno.
Non sentirsi amati è qualcosa di diverso da non essere amati.
A chi prova la dolorosa sensazione di non sentirsi amato, non è sufficiente sapere che chi ha intorno lo stima, tiene a lui, gli vuole bene.
Al centro di questo disagio emotivo non c’è nessuna alterazione della realtà: chi non si sente amato sa di essere ben voluto.
Però, non si sente speciale per nessuno.
È una forma di dolore psicologico bruciante, perché riguarda uno dei bisogni più intimi dell’essere umano.
Ed è bruciante perché il non sentirsi amati fa percepire se stessi
- incapaci a suscitare l’amore altrui;
- in colpa, in quanto incapaci di suscitare l’amore altrui.
Si può arrivare persino a pensare di essere del tutto “inutili”:
«Se scomparissi, nessuno se ne accorgerebbe.»
«Qualcuno all’inizio se ne dispiacerebbe, ma poi tutti se ne farebbero una ragione…»
È una convinzione che molte persone senza una relazione stabile finiscono per crearsi.
«Non mi sento amato da nessuno»: perché succede?
Nell’analisi di questa condizione di disagio emotivo, vanno distinti due piani:
- il piano di realtà: la persona che non si sente amata è una persona che ha degli amici e dei familiari che tengono a lui… ma questo non basta;
- il piano soggettivo: la sensazione interiore segue fino a un certo punto la realtà esterna, e la percezione personale è quella di essere ben voluto da tutti, ma amato da nessuno.
Le due cose non sono incompatibili, tutt’altro.
E chiunque, pensandoci bene, è in grado di tracciare questa differenza tra affetto e amore.
Una persona che non si sente amata è una persona che ritiene se stessa non all’altezza dell’amore altrui.
Questa convinzione attiva un circolo vizioso:
La certezza di non poter essere amati diventa un tunnel da cui è difficile venir fuori.
Alla base di questa sofferta consapevolezza c’è l’idea di possedere un difetto di base; un difetto “strutturale”, cioè che fa parte della persona come se fosse innato.
«C’è qualcosa, dentro di me, che mi rende repellente.»
Un pensiero del genere finisce per “legittimare” la realtà:
«Se nessuno mi ama, è colpa mia.»
Anche questa idea finisce per rinforzare il circolo vizioso: la persona che non si sente amata evita le situazioni che potrebbero smentire questa certezza per paura di soffrire.
Come si “corregge” questo difetto di base?
Sembrerà banale, ma il primo passo è capire che non c’è nessun difetto di base dentro di sé.
Il secondo è comprendere che è proprio la paura di soffrire a mettere in moto il meccanismo che impedisce di sentirsi amati.
Stringere relazione con una persona “speciale” significa condizionare parte della propria felicità di individuo singolo e farla dipendere anche da un’altra persona.
Un’eventualità di questo tipo espone al rischio di sentirsi rifiutati: un’altra esperienza tra le più dolorose, dal punto di vista emotivo.
Più che correggere un difetto di base, bisogna allora capire cos’è che alimenta la convinzione di non valere abbastanza per gli altri.
Oppure, per definirla con altre parole, la certezza che nessuno ci riterrà mai speciali; che nessuno potrà mai pensare a noi come quella persona insostituibile e irrinunciabile.
Si tratta di una motivazione interiore profonda, che non è semplice portare alla luce.
La psicoterapia può essere d’aiuto:
- è il metodo più efficace per far luce sulle proprie zavorre emotive, sui blocchi interni che impediscono di vivere la vita che si desidera;
- propone un ascolto della sofferenza emotiva che non è possibile trovare altrove: la sensazione di non essere amati è psicologicamente stressante, e in questo senso, trovare un canale di sfogo è di grande supporto;
- non emette giudizi: la persona che sente di non poter essere amata è particolarmente severa con se stessa, e in questo senso è importante che possa trovare uno spazio che in nessun modo conferma queste autovalutazioni al ribasso.
Attraverso la psicoterapia è possibile agire tanto sul presente, doloroso, quanto sul passato e su ciò che ha costituito lo stato di malessere del tempo attuale.
Non sentirsi amati non è né una condanna, né un destino.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova
beh! quando per tutta la vita, per i motivi più disparati, la gente, cominciando per i familiari, non ha mai avuto una parola tenera per te, ti ha sempre sminuito, considerato strano, cattivo perché non eri come loro, voglio vedere come ti devi sentire. quando a scuola ti hanno sempre ostacolato, i tuoi compagni ti hanno messo in un angolo, quando uscire di casa è stato un trauma per il terrore di aggressioni, vorrei vedere come ti senti! quando dopo molte fatiche hai un lavoro ma i colleghi fanno quadrato e ti screditano aggredendoti, l’affetto e il rispetto altrui nei tuoi confronti dove devi percepirlo? finisci col ritenerti fuori posto, inutile se non dannoso per te stesso per come sei. quando pure lo psicologo ti si rivolta contro quando dici che non puoi più permetterti i trattamenti e devi interrompere la psicoterapia, come devi sentirti?
Complimenti hai veramente ragione ed è proprio come hai scritto, verità assoluta
La realtà, e le ferite che spesso finisce per infliggere, non si cancellano, né con uno schiocco di dita, né con un lavoro più profondo, come quello incoraggiato da una buona psicoterapia.
Non c’è modo di intervenire su ciò che è successo, né c’è modo di “controllare” i comportamenti altrui.
Però la possibilità di lavorare su se stessi esiste, e permette d’impedire che il giudizio altrui e quello personale su noi stessi finiscano per coincidere.
Nessuno è ciò che l’altro dice, anche se ciò che l’altro dice è difficile da ignorare.
Eppure essere cresciuto gay in una città di provincia, avere faticato per poter andare a scuola, aver subito cattiverie inenarrabili e per lo status sociale di una famiglia di bassa estrazione sociale hanno creato una voragine senza fondo. Sono sempre stato messo ai margini o perché gay o perché non socialmente presentabile perché povero o perché gay. Il trauma più grande è essere stato vittima di omofobia dagli stessi gay con cui cui mi sono relazionato, sia solo per approcci sociali, che mi hanno fatto sentire inadeguato perché la mia omosessualità è palese e non potrei (ma figurarsi se mai lo farei) celarla. Sono stato vittima di stalking e .mobbing pur essendo una persona perbene, rispettosa degli altri, molto attento nella professione di enorme responsabilità che ho saputo crearmi. Sono stanco di esistere come professionista, cui tutti scroccano consigli e della cui generosità approfittano perché non so dire di no ma vorrei essere apprezzato come persona.
Salve mi chiamo Simona, ho 45 anni. Anche io purtroppo non mi sento amata da nessuno, forse solo dalla mia famiglia, ma non mi basta! In tutta la mia vita fin ora ho avuto solo due relazioni amorose. Il primo amore è durato poco perché purtroppo lui mi ha messo le corna. Il secondo invece voleva solo insegnarmi il Kamasutra. Dopo di che basta. Non mi vergogno di dire che sinceramente non mi interessa avere una relazione amorosa, non voglio un marito o un compagno, ma vorrei tanto una vera amica che mi considerasse speciale e che starebbe sempre al mio fianco notte e giorno, che mi considerasse appunto insostituibile! Ma so purtroppo che questo sogno non si avvererà mai perché l’amicizia vera come la intendo io per me non esiste! Io attualmente lavoro in una scuola, sono una collaboratrice scolastica! Mi ero affezionata tanto ad una collega in particolare che mi diceva di volermi bene e che per me ci sarebbe stata sempre, ma così purtroppo non è stato! L’ anno scorso mi chiese un prestito di 70€, e io per aiutarla perché le volevo bene glieli ho prestati. Mi ha ridato solo 50€ quest’anno, dopo un anno in pratica, neanche tutti insieme, ma a rate di 20€. Mi ha illusa facendomi promesse che mai e poi mai avrebbe mantenuto, mi diceva che mi considerava amica e invece si smentiva sempre con i fatti, diceva che ero una persona speciale (i 70€ forse erano speciali). Io presa dalla rabbia per questo le ho mandato un paio di messaggi dove ammetto di aver usato parole un po’ pesanti, ma niente di grave, del tipo ti uccido ecc, e lei sapete cosa ha fatto? Si è messa l’avvocato e ha detto ad una collega che abbiamo in comune che vuole che le devo scrivere o chiamare perché vuole denunciarmi a tutti i costi! In più sapete cosa ha fatto? Un giorno a scuola mentre lavoravo sono svenuta, e tutte le mie colleghe compresa lei mi sono state attorno fino a quando non è arrivata l’ambulanza. La sera stessa poi mi chiamarono tutte compresa lei perché volevano sapere come stavo, quando invece al momento dello svenimento sapete cosa dissero tutte? Lei compresa? Che io l’avevo fatto apposta a svenire solo perché da giù alla portineria fino al mio piano non avevano sentito sbattere la mia testa sul pavimento! Poi come ciliegina sulla torta va dicendo che io nella scuola non posso stare perché sono pazza e mi devo far curare! Una persona che mi fa tutto questo secondo voi mi vuole bene? Al giorno d’oggi purtroppo viviamo in un mondo dove le persone sono solo false e che pensano solo ai fatti loro, ti usano fino a quando hanno bisogno di te, poi però nel momento del bisogno ti abbandonano, proprio come ha fatto lei con me! Io mi sento solo uno schifo, un cesso, una nullità! E penso anch’io che se morissi nessuno se ne fregherebbe niente! Farebbero vedere che sono dispiaciute ma dopo 5 minuti passerebbe tutto! Io sinceramente non mi fido più di nessuno perché fin ora ho sempre fatto del bene a chiunque, e come sono stata ricambiata? Prendendomi solo calci nel sedere! E quindi per questo sono destinata a stare e a rimanere sempre sola!
Buongiorno,
mi dispiace molto per il suo dolore, che si intuisce perfettamente da ciò che scrive.
La sensazione di non essere “speciali” per alcuna persona, di non essere “amati” nel senso più pieno e profondo del termine, è una ferita profonda che si finisce per portarsi dietro, qualunque cosa si faccia e/o qualunque persona si incontri sul proprio cammino.
D’altro canto, la psicoterapia consente, con tempo e… pazienza, di lavorare su questa ferita.
Non possiamo raccontarci che a tutto c’è rimedio, però quello che ci succede e quello che siamo/ci sentiamo, può essere ricalibrato attraverso un lavoro su se stessi.
Le invio un saluto e un in bocca al lupo.
io non mi sento amata dagli altri perchè non penso di valere abbastanza. Sono ancorata alla certezza che c’è qualcosa che non va in me…sono convinta che se avessi più “pezzi di carta” appesi alle pareti riceverei più attenzioni dagli altri.
Quando andavo a scuola, venivo sempre presa in giro…a distanza di tanti anni, mi ritrovo a sentirmi sola…a pensare che se sparissi, nessuno se ne accorgerebbe perchè non ho un lavoro, non sono sposata, non vivo per conto mio e non sono laureata.
Sembra che tutti i miei problemi siano trascurabili rispetto a quelli degli altri e quindi meno importanti.
Sono stanca di dover essere sempre io a cercare gli altri, vorrei essere cercata, amata…
Diciamo, semplificando un po’, che ciò che siamo e ciò che sentiamo di essere dipende
• da ciò che pensiamo di noi stessi;
• da ciò che percepiamo arrivare dagli altri.
Su ciò che riguarda il secondo punto non abbiamo controllo… se non per il fatto che è anche la nostra percezione, per l’appunto, a crearci un’idea interna di ciò che gli altri pensano di noi.
Applicando questa “formula” al tema del non sentirsi abbastanza per gli altri, si può dire che alle volte si innesca un circolo vizioso, che ci impedisce di valorizzarci e che finisce per metterci in cattiva luce anche agli occhi degli altri.
Poter lavorare su se stessi e sul proprio modo di “guardarsi”, aiuta invece a prendere padronanza del primo punto: ciò che pensiamo di noi stessi è la chiave di volta per stare bene (con se stessi e con gli altri).
Questo pensiero su noi stessi può essere slegato da titoli e da questioni legati alla realtà “concreta”.
Imparare a volersi bene, a riconoscere i propri limiti ma anche a dare valore ai propri pregi, è la risorsa più preziosa che possiamo guadagnare per stare bene.
Il mio problema è semplice ,credo di essere una persona speciale intelligente capace ,e oggettivamente lo sono sono gentile molto generoso etc etc etc ,il punto è che cmq la mia vita non può dipendere solo da me stesso per quanto io mi possa amare ho bisogno di essere amato di avere compagnia amici lavoro e magari essere amato da mia moglie , al momento mia moglie mi ha confessato che non m ama ,gli amici bel tempo sino emigrati ,sto cercando lavoro e faccio lavoretti per portare 2 spiccioli a casa nonostante sua con laurea titoli di ogni genere ma ne aziende ne pubblico chiama ,in pratica per quanto possa essere buona la mia autostima la realtà è deleteria e non posso cambiarla , sono credente in chiesa si parla di amore di porgere l altra guancia ok,ma vivere così è dura e poi escludendo la amore dovuto dei genitori, ciò non totalizza l amore in coppia è altra cosa ,poi c è il lato anche sessuale etc etc etc ,cosa posso fare nulla , ma la cosa che .non capisco è questa perché nessuna donna ha letteralmente perso la testa per me in 44 anni di vita ?
Buongiorno,
il suo messaggio mi fa sentire forte e chiaro il malessere emotivo che sta vivendo; la ringrazio per questa condivisione, che dev’essere stata senz’altro dolorosa.
Capisco bene quanto difficile sia confrontarsi con una realtà frustrante, che fa sentire improduttivi tutti i nostri sforzi.
Purtroppo dare risposta a questo disagio attraverso una mail non è possibile.
La situazione che mi descrive è complessa, e avrebbe bisogno di uno spazio ben più ampio per essere sviscerata in ogni suo dettaglio.
Un percorso di terapia personale può rappresentare quello spazio: uno spazio personale/personalizzato, dove analizzare in profondità ciascuna delle esperienze di dolore interiore che mi ha raccontato in questo messaggio.
È una soluzione su cui, magari, può fare un pensiero.
Un saluto cordiale
Francesco Rizzo
Io mi sento così, incapace di essere amata dagli altri, sono intelligente e sempre stata molto sveglia, e questo mi ha portato ad essere d’aiuto in diverse situazioni a molti amici, quando ci siamo allontanati causa COVID non servivo più, non risolvevo problemi e nessuno ha più chiesto o chiamato per sapere dove fossi o come stessi…
Ho un lavoro importante, di responsabilità, ma chiuso l’ufficio non ho nulla, sono sola, non sono mai riuscita ad essere importante per qualcuno se non per interesse. avevo scelto di non voler più pensare di potermi interessare a qualcuno, troppa sofferenza nel capire poi che era solo affetto, non amore, poi è arrivato lui, l’unica persona al mondo con cui sono riuscita ad essere me stessa, con tutte le ferite aperte e lui con le sue…ci siamo innamorati, ma lui è sposato, ho una relazione da due anni con un uomo sposato, cosa che mai mi sarei permessa neanche di pensare…lo amo davvero, non ho mai provato nulla di quello che provo per lui, ma è l’ennesima prova che non sono mai abbastanza, che per me non vale la pena nulla..mi ama davvero? Lo dice, lo sento, ma non lascerà mai la sua famiglia, mi sto uccidendo da sola ogni giorno…non c’è un giorno che non spero di addormentarmi e non svegliarmi, non se ne accorgerebbe nessuno…un po’ di tempo mia madre, ma poi passerebbe…ho 40anni appena compiuti, non ho nulla, solo le lacrime che ogni giorno verso…
Le sue parole descrivono bene il senso di frustrazione, e la sofferenza, che vive in questo momento e con cui sente di convivere da molto tempo.
La sensazione di non essere amati nel senso più pieno del termine, di non essere “speciali”, quindi quasi “rinunciabili”, è una delle esperienze più dolorose dell’esistenza.
Il punto è che non è mai troppo tardi per amare e per essere amati, in una forma che possiamo sentire completa e soddisfacente.
Certo, vanno create delle “condizioni”, e per questo può esserci bisogno di tempo, di lavoro; d’altro canto, le sue parole testimoniano che c’è un forte desiderio di felicità, e già questa è la prima “condizione necessaria”.
Cambiare qualcosa della propria vita diventa possibile nel momento in cui si sente così profondamente l’insoddisfazione per ciò che si ha, o si é.
Vengo snobbata per il mio lavoro.Lavoro che faccio per un anno, più mesi di tirocinio,e già categoricamente gli uomini colleghi cercano di sedurmi per il mio aspetto per poi capire che non sono stupida e umiliarmi per mesi con gli altri colleghi,isolandomi o facendo allontanare da me un amico per il quale avevo un deve segreto e, venuto allo scoperto,mi ha colpevolizzata per lì stesso.Piú precedenti dall’infanzia all’età adulta di rifiuto e umiliazioni perché non ero come gli altri si aspettavano da me. E io che mi mostrò sempre forte,attaccata, finisco con il provocarmi più male e più umiliazioni,ma non posso piangere,non mi è concesso.
Spesso ci sentiamo etichettati, bollati per una singola caratteristica posseduta… o anche non posseduta. Ed è doloroso sentire che gli altri non riescono a cogliere la nostra essenza più profonda, che si tratti di lavoro o di relazioni extra-lavoro.
Nello specifico delle sue parole, proprio alcuni ambienti di lavoro possono diventare particolarmente ostili, e fare cassa di risonanza a delle fragilità personali.
Si tratta di situazioni che spesso, dall’esterno, si percepiscono come minimizzate, eppure hanno un impatto rilevante nella vita di moltissime persone.
Ovviamente, nel suo caso, bisognerebbe inquadrare più nello specifico la situazione, inquadrarla a 360°, per poi capire meglio in che modo potrebbe essere corretta.
non mi sento amato fin da bambino, nessuno in casa mi apprezzava e valorizzava, per tutti ero e sono inutile o di troppo. mi trattano come se fossi il loro schiavo personale e avvolte sono vittima di violenza fisica e psicologica da mio padre e mio fratello maggiore. mia mamma e morta un anno fa e da allora tutto e peggiorato nessuno mi ama e non lo farà mai, per tutti sono di troppo.
in più mi viene sempre voglia di piangere, perché sto vivendo un inferno nella quale non so se ci sarà mai e poi mai una fine.
Percepisco la sofferenza che mi descrive con le sue parole, sofferenza che è evidentemente frutto di una situazione familiare molto delicata.
In casi come questo può forse essere d’aiuto avere in mente che esistono agenzie e organismi statali specifici, che possono occuparsi dal punto di vista innanzitutto legale di condizioni di disagio come quelle che riferisce.
Salve
Dopo un brutto esordio psicotico all’età di 19 anni, in seguito all’abbandono e tradimento del mio primo amore e in concomitanza del mio migliore amico, non sono stato più lo stesso. Continuo ad andare avanti, mi sforzo di cercare in qualche modo di realizzarmi ma non c’è più lo stesso entusiasmo di una volta. Premetto che il mio grave problema iniziale sia rientrato dopo poco più di un anno nella sua forma più invalidante tanto che mi sono iscritto ad un’altra facoltà universitaria lavorando anche con diversi contratti a tempo determinato. Ma adesso dopo quasi venti anni di psicoterapia e terapia farmacologica più o meno continua anche lavorando da quattro anni circa come insegnante, non mi riconosco più
Non riconoscersi per quello che si è sempre sentito di essere, così come aver perso speranza nella possibilità che la situazione si incanali in una direzione migliore, sono esperienze sottilmente dolorose; non hanno nulla di eclatante, di solito, ma scavano dentro lentamente.
Io credo che per nessuno la sofferenza sia una sorta di “destino”, ovvero una traiettoria immodificabile. Certo, non è facile accostarvicisi e non è facile invertire la rotta, ma come esistono circostanze tanto sconvolgenti in un senso che potremmo sinteticamente definire “negativo”, ne esistono anche di senso opposto.
Sinceramente non mi sento amato da nessuno, tutti quelli con cui ho provato a dichiararmi, mi hanno sempre dato la stessa risposta: ne no ne si, ma rimaniamo amici, perché ti voglio bene… quindi un falso amore
È comprensibile la sensazione che un «ti voglio bene» non sia sufficiente a farci sentire quel senso di “specialità” che ognuno di noi ricerca nella propria vita, in un modo o nell’altro. Posso soltanto dire che quello che succede oggi non è detto sia quello che succederà anche domani, le cose possono cambiare e sotto punti di vista molteplici.
Vivo la stessa situazione di Eulerio. Quante volte mi sono dichiarato a una ragazza e sono sempre stato rifiutato perchè venivo solo considerato un amico e basta. Ho perso il conto di quanti rifiuti ho collezionato nella vita. Le cose possono cambiare, certo. Però, arrivati a quasi 48 anni e vedere che quasi tutti i miei coetanei si sono sposati o convivono e hanno dei figli non è incoraggiante. Poi, si aggiunga che di ragazze carine single non ne conosco, poichè sembrano tutte già impegnate e il quadro che vedo è desolante. Non mi va di intraprendere una relazione con una ragazza che esteriormente non mi piace, sarebbe solo come prenderla in giro e illuderla e io non voglio questo. Desidero una persona che mi piaccia e che io piaccia a lei. Perciò in amore non mi accontento. Anch’io non mi sento amato, sebbene abbia dei colleghi ed amici che mi vogliono bene. Non auguro a nessuno di essere sempre soli come lo sono io sebbene di tentativi per uscire da questa situazione ne abbia fatti veramente tanti.
Dalle sue parole emerge una certa chiarezza d’intenti, una consapevolezza nitida di ciò che cerca da se stesso e da una relazione: è senz’altro un ingrediente di benessere importante.
Allo stesso tempo, però, credo che possa essere altrettanto prezioso percepirsi in evoluzione costante, e così, che anche i nostri desideri, i nostri bisogni, le nostre esigenze personali e relazionali, possano essere soggette a trasformazioni.
Esistono forme diverse di “amore”, forme diverse del “sentirsi amati” e del “sentirsi speciali” che possono essere prese in considerazione, intanto come prospettiva ipotetica.
Salve, mi chiamo Serena… le scrivo perché ho bisogno di esternare questo mio stato d’animo: non mi sento mai ben voluta e a volte ciò che sento dentro di me viene confermato dalle disattese che la vita mi propone. È come una sensazione di inadeguatezza che non mi permette di entrare in connessione con gli altri perché appunto non mi sento arrivare quel bene.. nonostante provi con gesti ad essere gentile, premurosa poi magari delle mancanze mi portano a pensare che sono destinata alla solitudine, che nkn piaccia a nessuno… non solo in amore ma anche in amicizia, sul lavoro.. cosa fare?
Gentile Serena,
la ringrazio della condivisione. Quanto descrive è certamente doloroso: come provo a suggerire nell’articolo, sentirsi amati è un bisogno umano tra i più primari; non sentirsi speciali per nessuno, sentirsi pertanto «inadeguati», è allo stesso tempo causa e conseguenza di una vera e propria depressione dell’autostima, come in un circolo vizioso che si auto-alimenta.
Credo che la sensazione che prova abbia a che fare con quanto succede nella realtà di tutti i giorni, ma allo stesso tempo affondi anche le radici in qualcosa di più intimo.
Dal momento che non si possono cambiare gli altri… ciò che si può fare è comprendere meglio le origini di questo “qualcosa”, che a più livelli ostacola la possibilità di stringere relazioni significative e gratificanti con gli altri.
La psicoterapia favorisce questo tipo di processo di auto-consapevolezza, e nel contempo, aiuta a fare i conti con la realtà – spesso frustrante di suo – in maniera più efficace.
Un saluto cordiale
Salve, io sono cresciuto in una famiglia che mi ha amato e continua a farlo ed ha sempre provveduto ad ogni mio bisogno…ho studiato, mi sono laureato ed anche se con tanti sacrifici e dopo anni di porte chiuse in faccia, oggi ho un lavoro che mi piace e mi soddisfa, la mia casa e la mia autonomia. Sono socievole e tendo a legare facilmente con tutti…tuttavia non mi sono sentito mai veramente amato sul serio, ho avuto ed ho amici che io tendo a trattare come fratelli ma per i quali alla fine mi rendo sempre conto di non essere così fondamentale e lo stesso per le relazioni sentimentali sempre finite perché alla lunga mi stanco di inseguire le persone…mi sento come se io dovessi dare 100 per ricevere 1 ed a volte nemmeno quello, come se tutte le mie relazioni sentimentali ed amicali siano sempre a senso unico ed alla fine finisco per isolarmi, mi convinco che non vale la pena fare tanto per gli altri senza ricevere nemmeno quel pizzico di amore e di presenza di cui avrei bisogno.
Salve, io sono cresciuto in una famiglia che mi ha amato e continua a farlo ed ha sempre provveduto ad ogni mio bisogno…ho studiato, mi sono laureato ed anche se con tanti sacrifici e dopo anni di porte chiuse in faccia, oggi ho un lavoro che mi piace e mi soddisfa, la mia casa e la mia autonomia. Sono socievole e tendo a legare facilmente con tutti…tuttavia non mi sono sentito mai veramente amato sul serio, ho avuto ed ho amici che io tendo a trattare come fratelli ma per i quali alla fine mi rendo sempre conto di non essere così fondamentale e lo stesso per le relazioni sentimentali sempre finite perché alla lunga mi stanco di inseguire le persone…mi sento come se io dovessi dare 100 per ricevere 1 ed a volte nemmeno quello, come se tutte le mie relazioni sentimentali ed amicali siano sempre a senso unico ed alla fine finisco per isolarmi, mi convinco che non vale la pena fare tanto per gli altri senza ricevere nemmeno quel pizzico di amore e di presenza di cui avrei bisogno
Gentile Giorgio,
la ringrazio della condivisione. Sentirsi non fondamentali è doloroso, così come lo è non essersi mai sentiti amati sul serio, all’interno di rapporti di amicizia o di rapporti sentimentali.
Di certo, se la sensazione è quella di un rapporto 100 a 1, dal punto di vista affettivo con gli altri, risulta difficile sentire il proprio investimento emotivo in linea con quello degli altri. In un potenziale percorso di psicoterapia, proverei ad approfondire innanzitutto questo sbilanciamento.
Un saluto cordiale
Salve, ho letto tutto il suo articolo e vorrei condividere la mia situazione. Ho quasi 22 anni e sono single da quando sono nato, non sono mai stato fidanzato, non ho mai dato il primo bacio, non sono mai stato mano nella mano con una ragazza, sto male nel momento in cui vedo che altri ragazzi, magari anche più piccoli di me invece ci sono riusciti a trovare la ragazza e li vedo in coppia felici. Quando vedo le coppie, mi chiedo sempre “ma io che cosa ho in meno per non avere nessuna?” e mi do risposte piuttosto dure ma che secondo me sono vere. Io penso di essere un ragazzo che abbia un qualcosa in meno degli altri, e che certe ragazze sono irraggiungibili per me, non sarei abbastanza per le ragazze nonostante sia un bravo ragazzo, molto gentile e sempre pronto ad aiutare le persone in difficoltà. Io non voglio al mio fianco chissà chi, ma soltanto una ragazza carina che mi ami e mi apprezzi per ciò che sono, e che è disposta a condividere con me gioie e problemi cercando di affrontare insieme i secondi. Avere una relazione stabile sta diventando un sogno ma ogni giorno che passa, sebbene la giovane età che ho, mi sto convincendo che purtroppo rimarrà solo un sogno e che non diventerà mai realtà.
Gentile Gianluca,
la ringrazio della condivisione.
Essere single può essere un’esperienza dolorosa, originata da una moltitudine di fattori che andrebbero analizzati con cura; direi che non c’è da essere severi con se stessi, c’è semmai da compiere uno sforzo per cercare di arrivare alla radice profonda del proprio, sofferto star soli.
Un percorso di psicoterapia potrebbe aiutare a comprendere meglio – e magari a modificare, se serve – tratti personali e/o condotte che mettiamo in campo in maniera inconsapevole e, a qualche livello, generano “insuccesso” dal punto di vista relazionale.
Abbiamo un “potere” estremamente limitato sulle azioni e sulle scelte degli altri, abbiamo però la possibilità di lavorare su noi stessi alla ricerca di soluzioni; possiamo, insomma, fare quella che potremmo definire la nostra parte.
Un saluto cordiale
Salve, sto vivendo un grandissimo dolore dovuto alla perdita di mio padre due mesi fa. Non ho un compagno, non ho figli, mi è restata la mamma. Ho 45 anni.
Vivo la sensazione di non contare più di tanto per nessuno. Una volta sepolto mio padre, i suoi fratelli si sono allontanati, vivendo la loro estate, condividendo con me tant’è foto ma pochi momenti insieme. C’è anche chi non si è più fatto sentire. Ho ricevuto tanti rifiuti: chiedevo di fare un giretto insieme ma di fatto nessuno mi ha fatto compagnia. Poche telefonate, pochi messaggi, poche visite. Tutti con i loro compagni, figli o amici, per me non c’era spazio.
Tutto questo mi sta facendo molto male. Tutti mi chiedono cosa faccio, ma nessuno viene da me. Tutti addolorati e tutti addosso a noi al momento del funerale è poi il nulla.
Arrivano quindi in soccorso gli amici, quelli veri, che capiscono la mia situazione è cercano di far riemergere quella parte di me che si è spenta. Appena sono sola però mi interrogo tanto sul perché.
sento che dentro di me qualcosa sta lavorando, che tutto è in divenire, sento di avere ancora forze per reagire ma ammetto che questo vuoto di affetti è doloroso.
Sarò io quella sbagliata? Sarò una brutta persona?
Bo…. Non avevo questa percezione prima.
Gentile Silvia,
la ringrazio per questa condivisione: aver dato voce alla sua solitudine deve essere stato forse liberatorio, ma anche doloroso a qualche livello.
Credo che esistano dei momenti in cui è fisiologico fare bilancio di ciò che si é e di ciò che si sente di avere; è importante però che la percezione di ciò che manca non schiacci sotto il suo peso ciò che invece c’è… in altre parole, è importante che in questa forma di “auto-esame” di se stessi si mantenga la lucidità per soppesare tutte le variabili in gioco, personali così come esterne.
Tutto questo può senz’altro essere rinforzato da un percorso di psicoterapia personale, che può supportare questa presa di consapevolezza di tutto ciò che fa parte della propria vita, per vederci “più chiaro” su ciò che sembra non funzionare, e sul perché.
Un saluto cordiale
Gentile Silvia,
la situazione che mi descrive è certamente molto dolorosa: quando la realtà impone condizioni e prove così dure, è molto difficile trovare dentro di sé la forza per reagire e andare incontro a un cambiamento.
Le persone esterne possono essere una valida risorsa, d’altro canto è primariamente in noi che può essere fatto un lavoro importante per mitigare l’impatto della realtà.
Ha mai pensato a un percorso di psicoterapia?
non è che lo penso io di non essere amata,è la realtà,non ho un fidanzato,tutti i miei amici mi hanno abbandonato e il motivo sono io,non so che cosa ho che non va,ma non sta tutto nella mia testa,è la pura verità,altrimenti non mi sentirei sola,avrei qualcuno con cui parlare e sfogarmi e invece no sono sola e questo perché non sono e non saró mai veramente importante per qualcuno,non c’è altra spiegazione
Gentile utente,
mi dispiace per la situazione che descrive.
Credo che una “sentenza” come «il motivo sono io» può essere il preludio a un lavoro importante su se stessi: non c’è da sentirsi in colpa per ciò che si é, c’è piuttosto da lavorare per provare a rimodulare quegli aspetti che ci costringono a situazioni di malessere.
In questo senso, un percorso psicoterapeutico può contribuire ad aumentare la propria autoconsapevolezza rispetto a quelle caratteristiche che ci impediscono di star bene, e da lì, provare a intervenirvi.
Un saluto cordiale
ho la sensazione che questo articolo ha descritto da più o meno qualche anno, in modo non continuo. attorno a me ho tanti amici che so che mi vogliono tanto bene e che sono cresciuti con me. eppure ogni mattina quando mi alzo, il pensiero che per nessuno io sia davvero fondamentale, come gli altri sono nella mia vita, mi distrugge totalmente. ogni volta che parlo con qualcuno sento la sensazione di dover chiudere la conversazione perché all’altro forse sto causando solo fastidio o mi sta rispondendo solo perché deve. mi sento bene quando gli altri si aprono con me, cercando un mio conforto e confronto; eppure subito dopo che succede ricomincio a sentire di non essere davvero legata a loro, ma me ne parlano solo perché devono. mi sento fastidiosa, inutile e anche quando gli altri mi dimostrano esplicitamente di tenere a me, dopo poco sento di nuovo di non valere nulla. sento il bisogno di parlarne con qualcuno ma non so se ne sono capace e non so chi davvero riuscirebbe a capirmi. mi sento totalmente indifferente agli occhi degli altri e non mi sento abbastanza interessante per stare con loro. amo così tanto le persone che mi circondano e questi pensieri mi demoliscono. se non ci fossi più interesserebbe davvero a qualcuno?
Gentile Emanuela,
la ringrazio per questa condivisione, che suona molto dolorosa.
La sensazione di essere «fastidiosa, inutile», di «non valere nulla», può avere purtroppo radici molto antiche; quando la si prova, sembra proprio che i feedback che arrivano dalla realtà esterna lascino il tempo che trovano, ovvero non siano in grado di farci cambiare realmente idea su noi stessi.
È necessario quindi intervenire su quella sfiducia di base, su quella fragilità di autostima che fa sentire «totalmente indifferente agli occhi degli altri»; un percorso di psicoterapia aiuterebbe a far luce sulle ragioni nascoste di questo disagio.
Un saluto cordiale
Buonasera, mi rispecchio molto in questo articolo. Ho un marito che mi adora, poche amiche, ma ci getteremo nel fuoco le une per le altre…eppure io non mi sento mai amata e non mi fido di nessuno. Ho un padre che vede solo i suoi problemi e una madre che non mi ha mai voluta e che non vedo da anni, credo che il “problema” risalga dal fatto che la mia famiglia di origine non mi apprezzi e non mi voglia bene e non riesco a capirne il motivo. Gli unici momenti che sono serena e mi lascio andare sono quelli che trascorro con i miei animali, ma si sa che non sono eterni e ogni volta che qualcuno di loro mi lascia cado un baratro di dolore e rabbia senza fine perchè penso che mi sia stato portato via, per l’ennesima volta, qualcuno che mi ama veramente. Vorrei percepire lo stesso affetto nelle persone che mi sono vicine e che razionalmente so che mi vogliono bene…ma la mia “pancia” non lo crede veramente….non so come spiegarlo. Ovviamente sono in terapia, spero di riuscire a stare meglio.
Buonasera,
la ringrazio di questa intensa condivisione.
Quella che mi descrive è una sensazione dolorosa; una sensazione che, come ho provato a spiegare anche nell’articolo – e mi fa molto piacere che si sia sentita rispecchiata – va al di là del piano strettamente razionale, ovvero del piano nel quale percepiamo che le persone intorno, sì, certamente ci vogliono bene.
Più che una questione “quantitativa” («quante sono le persone che mi vogliono bene?») è una questione “qualitativa” («che tipo di bene è, quello che mi viene rivolto?»).
La psicoterapia può sicuramente aiutare a far luce sulla natura più profonda della percezione di non essere davvero amati, fino in fondo; è un percorso graduale che però porta i suoi frutti.
Un saluto e un grande in bocca al lupo.
Buonasera, son giunto sin qui cercando questo tema su google, per me tema estremamente doloroso, e purtroppo mi rispecchio molto nell’articolo. La psicoterapia mi sta aiutando molto, ma questo argomento rimane per me una ferita immensa, anche se sto cercando di combattere con tutto me stesso molti dei pensieri che mi perseguitano da sempre, Per tutta la vita ho sognato l’amore, che non sono mai riuscito a vivere, ne nel mio nucleo familiare ne al di fuori. Convivo con un tremendo senso di inadeguatezza da sempre, come se non fossi mai abbastanza, che nonostante qualsiasi sforzo o eventuali traguardi tutto sia vano. Nella mia vita sono stato povero, trascurato, grasso e poi magrissimo, depresso, invidioso, rabbioso…. La vergogna e la bassa autostima mi complicavano i rapporti con le persone, specialmente con le ragazze, con cui dai 14 ai 22 anni ho avuto immensi problemi, il senso di non essere mai abbastanza per loro faceva si che io ci rinunciassi a priori, e sommato a tutti gli altri problemi che avevo, mi son bruciato quelli che per la gente normale sono gli anni più belli della vita. Ho sempre avuto una sensazione, come di essere in una guerra, sempre sull’orlo di essere persa, in cui tentavo di resistere per non perdere definitivamente. Nei momenti più difficili della vita, arrivai diverse volte a considerare l’idea del suicidio, e a salvarmi, fu il sogno di provare un giorno l’amore, poiché da morto non l’avrei mai provato; Ancora adesso penso che per quanto male mi faccia, non potrei mai arrendermi, perché non riuscirei a guardare negli occhi il me bambino, che mai conobbe amore e affetto, e dirgli “abbiamo fallito, ci siamo arresi, è finita”. Oggi, a 24 anni, dopo un anno di terapia son riuscito a tenere a bada molti dei miei problemi, ma questa, rimane una ferita per me enorme. Le volte che incontro una persona che mi piace, sento che potrei perderla da un momento all’altro, che debba sbrigarmi, in quanto altre possibili persone possano mettersi in mezzo; perché in fondo, penso sempre di non essere mai abbastanza, che qualcuno migliore di me possa farcela e io no. Ogni volta che una ragazza mi rivela di essere fidanzata o che le piace un’altra persona, io mi sento sempre in una battaglia in cui sono sempre in svantaggio, a cui arrivo tardi o dove non posso competere… vedo in questa vita ragazzi e uomini crudeli, cinici, egoisti, ferire e giocare con i sentimenti delle persone che li amano, mentre io non ho mai avuto nemmeno una chance di poter essere amato, qualcosa che mi ha sempre fatto pensare: se una ragazza preferisce individui simili, io devo essere ai suoi occhi ancora più orribile, a cui nemmeno una chance va donata. Spero piano piano, cercando di migliorare sempre in ogni aspetto, di essere un giorno, meritevole di conoscere l’amore e darne ancora di più. Non temo la morte, ma che il mio tempo finisca senza esserci riuscito.
Gentile Riccardo,
la ringrazio molto per questa condivisione personale, che mi ha raggiunto con grande intensità.
L’esperienza che ha raccontato è dolorosa; quando si lavora con persone che portano i segni di vissuti simili al suo, è importante re-inquadrare la problematica in una cornice ampia.
Non c’è dubbio che viviamo in un’epoca nella quale l’espressione di affetti “solidi”, così come la possibilità di incontrare qualcuno (dove per incontrare intendo entrarci in un contatto emotivo intimo, profondo), sono ostacolate da determinati fattori culturali e sociali; d’altro canto, è sempre possibile approdare anche a una radice più personale di certe difficoltà, che possono essersi originate da una moltitudine di fattori necessariamente da indagare.
Mi fa molto piacere che da un anno abbia intrapreso un percorso di psicoterapia; l’autostima, alle volte, ha bisogno di sostegno per consolidarsi e “irrigazione” per crescere, e non sempre ci è possibile occuparcene da soli.
Un saluto e un grande in bocca al lupo.
A distanza di mesi, son ritornato e finalmente ho potuto risponderle.
la ringrazio molto per la sua comprensione e la risposta piena di empatia e gentilezza.
Piano piano le cose son migliorate, chissà magari potrò farcela davvero a vedere il sogno realizzarsi.
Arrivederla dottore e grazie.
sono giunta alla conclusione che l’origine del mio problema sia stato l’amore condizionato vissuto dall’infanzia in poi. la domanda di fondo si riduce tutta a questo: come può un’altra persona trovarti amabile se non ti ha ritenuta amabile nemmeno tua madre? la consapevolezza di questo l’ho raggiunta leggendo molto sull’argomento e facendo un profondo lavoro introspettivo sul mio modo di essere. gli specialisti a cui mi sono rivolta mi hanno solo confermato che sono una donna determinata ed autonoma, ma io combatto ogni giorno con le mie debolezze e quella bambina spaventata dal rifiuto e dalla solitudine non trova pace.
faccio del mio meglio solo per me, ora. me lo devo. accolgo i miei momenti in cui quella voragine emotiva mi paralizza e cerco di tenere il baricentro stabile. il mio obbiettivo? trovare un aiuto valido, capace di sostenermi mentre faccio ordine e pulizia nel mio cassetto emotivo. ho fiducia. 🙂
Buongiorno,
la sua testimonianza mi ha colpito molto; è percepibile, dalle sue parole, che c’è stato già un profondo lavoro di elaborazione e riflessione sulla sua esperienza di vita.
D’altro canto, il combattere «ogni giorno le mie debolezze» non è qualcosa che, necessariamente, deve essere fatto completamente da soli; allo stesso modo, la «bambina spaventata dal rifiuto e dalla solitudine» può trovare un po’ di «pace» anche attraverso un contatto l’Altro.
Purtroppo, troppo spesso finiamo per dare per scontato il fatto che dobbiamo cavarcela da soli, anche sulla scorta di esperienze relazionali spiacevoli che hanno rinforzato questa convinzione.
Credo che quell’«aiuto valido» esista e sia “contattabile”.
Le invio un saluto e un in bocca al lupo.
Riassumo i miei problemi: credo che cerco conferme anche se quando mi vengono date le snobbo e non gli do significato non facendone tesoro perché è radicata in me una sorta di orgoglio negativo. Vado cercando persone che ci tengano e si affezionano perché fondamentalmente non mi sento voluto e poi una volta ottenute vado a deluderle volontariamente perché c’è una parte ferita dentro me che è rancorosa e vuole vendetta
Gentile Samuele,
grazie della sua condivisione.
La dinamica che descrive – e il fatto stesso che ne parli come «i miei problemi» – meriterebbero senz’altro di essere approfondite, con l’obiettivo di lavorare sulla possibilità di relazioni emotivamente più gratificanti.
Un saluto cordiale