«Non è meglio confrontarsi con un amico?»
Nulla di male a parlare con una persona cara dei propri problemi, anzi!
Il punto da centrare, immediatamente, è un altro: fare psicoterapia non è come parlare a un amico. È una cosa ben diversa.
Del resto, il paragone amico-psicoterapeuta è uno dei falsi miti sulla psicologia più frequenti.
Un falso mito dettato da una considerazione non certo priva di valore:
Perché dovrei fidarmi di uno sconosciuto?
O anche
Perché uno sconosciuto dovrebbe prendere a cuore i miei problemi?
In realtà, una componente importante dell’efficacia della psicoterapia si basa proprio sul fatto che lo psicoterapeuta è uno sconosciuto.
Suona forse anti-intuitivo.
Vediamo di capirci qualcosa di più.
Psicoterapia: oggettività vs. soggettività?
La psicoterapia funziona, nel trattamento del disagio psicologico, perché lo psicoterapeuta è un professionista del settore che non conosce il paziente fino a quando non lo riceve in studio per la prima volta.
I motivi sono semplici da definire e un po’ più complessi da spiegare:
1. Uno sconosciuto può essere più obiettivo di una persona che ci vuole bene.
La psicoterapia non mira a… indorare pillole.
Una buona psicoterapia aiuta il paziente a formulare un quadro chiaro della situazione in cui si trova.
Che si tratti di una difficoltà relazionale, o di un problema al lavoro, la psicoterapia punta a fare luce su quello che sta succedendo.
Lo psicoterapeuta supporta quindi il paziente nell’individuazione delle cause che sottostanno a un problema, nonché, al contributo personale che il paziente sta inconsapevolmente “giocando” da parte sua.
Questo punto è fondamentale: per cambiare le cose, bisogna partire da ciò che il paziente ci mette di personale in quello che gli succede, anche quando non se ne rende conto.
Per aiutare il paziente in questo lavoro, lo psicoterapeuta deve poter osservare la realtà dall’esterno, senza coinvolgimenti personali e/o affettivi.
Una condizione che un amico o un parente non sono in grado di garantire, pur sforzandosi magari di essere quanto più obiettivi possibile.
È importante ed è auspicabile quindi che il terapeuta non conosca personalmente le persone di cui il paziente parla, ma le conosca solo per il racconto che il paziente fa delle persone.
Questo consente, in psicoterapia, di gestire la realtà personale del paziente, integrando così obiettività e soggettività.
2. In psicoterapia non si dispensano consigli.
È un’altra fondamentale differenza tra una chiacchiera amichevole e una psicoterapia.
Lo psicoterapeuta non suggerisce soluzioni personali, bensì aiuta il paziente a trovare la propria, personale soluzione.
Un intendimento fondamentale della psicoterapia ispira questa impostazione: nessuno, meglio del paziente, sa cos’è meglio per sé e per la sua vita.
Semmai, il paziente va aiutato a scoprire dentro di sé la sua personale verità sulle cose e sul mondo.
Lo psicoterapeuta accompagna il paziente in questo processo di graduale autoconsapevolezza, ed è come un viaggio compiuto insieme, nel quale la scoperta di nuovi orizzonti è sempre del paziente.
3. Pur non essendone un amico, anche lo psicoterapeuta si affeziona ai propri pazienti.
È un punto delicato, e vale la pena soffermarcisi.
Chi comincia a fare psicoterapia si rende presto conto che… anche il terapeuta è una persona.
Questo significa che anche il terapeuta può provare con il paziente emozioni potenti, compreso un certo “affezionamento”.
Sarebbe preoccupante il contrario, a ben vedere: come si può non provare un sincero interesse, un coinvolgimento man mano sempre più consistente, nei confronti di una persona che condivide tutto di se stesso per settimane, mesi o anni?
Anche in questo caso, però, va doverosamente sottolineata una differenza: diversamente da un amico o un familiare, uno psicoterapeuta matura delle competenze specifiche che gli permettono di non confondere il piano umano e quello professionale, ma di tenerli in costante dialogo.
Come dire:
- essere un professionista non toglie nulla all’umanità del terapeuta;
- essere una persona non toglie nulla alla professionalità e alla competenza del terapeuta.
Rimane intatta, anche percorrendo i tre punti sopra elencati, la tesi di partenza: che il terapeuta, all’inizio, sia un perfetto sconosciuto per il paziente che arriva nel suo studio, è quanto di più opportuno ci possa essere per cominciare una psicoterapia.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova