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Adolescenza e suicidio

Il suicidio è la seconda causa di morte in adolescenza.

Parte di questo fenomeno può essere spiegato dal fatto che in adolescenza il passaggio dal pensiero all’atto è un meccanismo molto più immediato rispetto alle altre fasi della vita.

Questo significa che un adolescente che comincia a rimuginare sul proprio suicidio ha più probabilità di passare all’azione rispetto a un adulto.

Come mai?

In adolescenza

  • la capacità di valutare le conseguenze dei propri gesti non è ancora del tutto perfezionata;
  • c’è una maggiore inclinazione ad assecondare i propri impulsi del momento, invece che a opporvi resistenza.

Perché un adolescente pensa al suicidio?

L’ideazione suicidaria (ovvero la produzione di pensieri rispetto al proprio suicidio) è allo stesso tempo un messaggio che l’adolescente manda a chi gli sta intorno, come una richiesta d’aiuto, e qualcosa che mette realmente a repentaglio la sua incolumità fisica.

Il suicidio, nella mente di chi comincia a ragionarci su, diventa l’unica soluzione al dolore psicologico. Estrema, e proprio per questo, l’unica.

Più che desiderio di morte, in sé e per sé, il suicidio si configura come desiderio di interrompere il proprio stato di malessere interiore.

È una considerazione che vale tanto per l’adolescenza quanto per l’età adulta.

La differenza, però, sta proprio nella possibilità di valutare opportunità alternative.

Il suicidio non è un atto impulsivo (altrimenti non parleremmo di ideazione suicidaria, ma semmai di raptus), ma come già detto, in adolescenza il clic che separa l’idea dall’atto è più repentino.

Un adolescente pensa al suicidio perché non ne può più.

Suona sbrigativo, ma rende l’idea: per un ragazzo che tenta di suicidarsi, il dolore psicologico è tale da fargli sperare di essere morto, invece che ancora in vita.

Le motivazioni che stanno dietro a questa intollerabile sofferenza emotiva variano da persona a persona, anche se ci sono determinati fattori di rischio universali che è bene conoscere.

Il suicidio in adolescenza: fattori di rischio

In adolescenza le difficoltà psicologiche sono principalmente difficoltà relazionali.

La relazione con gli altri è il centro di gravità della vita degli adolescenti, ancora di più di quanto non lo sia per gli adulti.

Le ragioni di sofferenza emotiva che sottostanno al rischio di suicidio in adolescenza sono quindi ragioni che non possono essere ridotte, in unica istanza, alle scelte e alla personalità del singolo ragazzo.

Un ragazzo che non sente di poter entrare in relazione con gli altri, pur desiderandolo, è senza dubbio un ragazzo esposto a una notevole mole di stress psicologico.

Il rifiuto percepito negli altri mina profondamente l’autostima di una persona in crescita, perché innesta la convinzione

  • di non valere niente;
  • di non poter cambiare questo stato di cose.

Questa difficoltà nella sfera relazionale assume più volti e può essere causata da fattori molteplici.

Ultimamente, è in crescita il fenomeno dei tentativi di suicidio in seguito a episodi di bullismo, di cyberbullismo e di body shaming: comportamenti che mettono in discussione il senso più profondo dell’essere se stessi, e che espongono l’adolescente all’esperienza più dolorosa che possa esistere per lui:

la sensazione di essere indegno dell’amore altrui.

Il rifiuto degli altri instilla, piuttosto, la convinzione di essere difettosi, inadeguati, da buttare. Fa sentire umiliati ogni giorno.

È difficile, per un adolescente, riuscire a resistere di fronte agli attacchi inferti da questa vocina maligna della coscienza.

Il suicidio, in questi casi, diventa l’unico modo per stoppare questa sensazione dolorosa:

morire significa, finalmente, non sentire più nulla.

È proprio la possibilità di zittire una volta per tutte la sofferenza interiore che rende il suicidio pericolosamente affascinante per molti adolescenti.

Adolescenza, suicidio e depressione

Ciò che succede a un adolescente vittima di questo insopportabile malessere interiore può essere riassunto nella parola depressione.

Si potrebbe persino dire che la depressione è la prima causa di suicidio, in adolescenza ma non solo.

In casi estremi come quelli che portano al suicidio, depressione significa sentirsi talmente tristi da volerla fare finita.

Per molti genitori non è facile accettare la depressione di un figlio adolescente. Si tende a pensare, ed è comprensibile, che un ragazzo abbia motivi solo per godersi la vita, non per rifiutarla.

E invece, la depressione in adolescenza è un fenomeno molto più comune di quanto sembri.

Il suicidio è un modo per fronteggiarla, ed è, allo stesso tempo, il più estremo grido d’aiuto possibile. L’ultimo. 

Tentato suicidio e psicoterapia in adolescenza

Sì, il tentato suicidio, o anche solo l’ideazione suicidaria, sono sempre anche un messaggio.

Un messaggio profondamente inquietante, spesso del tutto imprevisto per i suoi destinatari:

  • le persone che l’adolescente ritiene siano causa del suo male;
  • le persone che l’adolescente ritiene possano salvarlo.

Nel secondo caso, è evidente che si tratti dei genitori.

Molto spesso, l’adolescente non racconta apertamente la ragione della sua sofferenza. I genitori si accorgono che qualcosa non va, ma è difficile venirne a capo se il figlio tiene per sé ciò che sta succedendo.

Questo succede perché in adolescenza è spesso percepito come particolarmente mortificante parlare della propria sofferenza emotiva. Ancora di più quando è causata da motivi che riguardano il rapporto con gli altri e, magari, lo scherno e la presa in giro (come nel caso del bullismo e del body shaming).

Tutto questo per dire che la psicoterapia non riguarda soltanto l’adolescente che ha tentato il suicidio.

In generale, si può dire che la psicoterapia in adolescenza non riguarda mai solo il ragazzo, ma in caso di tentato suicidio, questo è ancora più vero.

Il percorso di psicoterapia diventa un trattamento a 360°:

  • per il ragazzo, che ha tentato il suicidio in nome di una sofferenza insopprimibile, e che pertanto va aiutato;
  • per i genitori stessi, che si trovano a fare i conti con l’esperienza dolorosa della possibilità di perdere il proprio figlio, in maniera inaspettata.

Quel grido d’aiuto va accolto con la massima urgenza, quando è lanciato, e persino anticipato, se possibile.

Qualunque espressione di sofferenza da parte di un adolescente va tenuta nella massima considerazione.

Talvolta, proprio il ricorso tempestivo all’aiuto di un professionista può segnare la differenza tra un tentato suicidio e una manovra di salvataggio riuscita.

Francesco Rizzo

Psicologo Psicoterapeuta Padova

Psicologo Psicoterapeuta Padova