Uscire? Vedere gente? Non mi va.
Può succedere a tutti, di tanto in tanto: un momento della vita in cui si ha poca voglia di uscire, di frequentare persone.
Si preferisce stare a casa, rilassarsi per conto proprio, insomma, fare un po’ di detox sociale… fino a che tutto non torna come prima.
Qualcosa del genere può accadere, per esempio, in un periodo di particolare stanchezza, o in concomitanza con una brutta delusione relazionale.
Per qualcuno, però, l’isolamento è la regola: stare con le altre persone, andare a cena con gli amici, frequentare feste o situazioni di ritrovo… è roba che non fa mai voglia.
Se stai leggendo questo articolo, può essere che ti ritrovi in questa descrizione.
Gli altri escono, si divertono, stanno bene con le persone… e io, invece, voglio solo stare per conto mio.
È un’esperienza dolorosa: alla fatica della relazione, si aggiungono le energie sprecate a dire di no, a non sentirsi in colpa o diversi, a lottare contro il desiderio di isolamento.
Talvolta, quindi, si accetta un invito ogni tot, giusto per non perdere del tutto l’opportunità di avere qualcuno che pensa a te, e ti vuole nella sua vita.
Ma poi, l’uscita è un fiasco, ti senti a disagio, e non vedi l’ora di tornare a casa. Ti dici, anche, che già lo sapevi: era scritto che sarebbe andata così.
Perché stare con gli altri è sempre così faticoso?
Le spiegazioni possono essere molte.
Ciò che è certo e univoco, è che uno stato di cose come questo genera insoddisfazione, frustrazione, grande sofferenza.
Io non credo che per un problema personale, pur diffuso che sia, possa esistere una causa e una soluzione uguale per tutti. Se preferisci stare per conto tuo, piuttosto che uscire e vedere gente… beh, avrai i tuoi motivi, ed è bene approfondire quelli.
In linea generale, si può dire che spesso la ricerca dell’isolamento e la preferenza per la solitudine, nascondono un doloroso sentimento d’inadeguatezza agli occhi degli altri.
Si tratta di un’emozione che attiva un circolo vizioso: si è così sicuri che l’uscita non funzionerà… da interpretare come negativo – e quindi, come conferma di quanto si pensava – qualsiasi episodio, momento o segnale dell’uscita.
Parliamo, allo stesso tempo, di una forma particolare di ansia da prestazione: non uscire fa sentire “fuori allenamento”, e nel momento in cui si ricomincia a frequentare qualcuno, ci si può sentire arrugginiti.
Questo porta a prestare un’attenzione eccessiva alla propria immagine, a ciò che si dice e a ciò che si fa.
La conseguenza?
Uscire diventa un’attività faticosissima. E l’isolamento sociale appare l’unica oasi in cui rifugiarsi per stare bene.
È come se tutto il corpo rimanesse in tensione per l’intera durata dell’incontro, sempre pronto a captare qualsiasi indizio di rifiuto, quasi sempre presunto e non reale.
Passa davvero la voglia di uscire… non è così?
Di per sé, la cosa potrebbe non essere un problema… se non fosse che, tipicamente, a questo rifiuto delle interazioni si associa una forma di malessere insidiosa, che sembra sussurrare all’orecchio questa domanda:
cosa c’è che non va in me? Perché agli altri riesce così facile entrare in relazione… e a me no?
È quindi il caso di vederci più chiaro, di fronte a un’angoscia così totalizzante di fronte all’idea di mettere piede fuori dal proprio isolamento e «divertirsi, come fanno gli altri!».
Non si tratta del “semplice” non voler uscire con gli altri.
Si tratta della sofferenza emotiva imposta alla propria esistenza dal costante rimbalzo tra
- voglio stare da solo sempre, voglio stare isolato;
- voglio divertirmi e stare bene come fanno gli altri.
Seguire l’una o l’altra direzione finisce per essere deludente.
Quando si sta da soli si sta bene, ma allo stesso tempo ci si sente in colpa come se si stesse venendo meno a un dovere sociale.
Quando si prova a stare con gli altri, però, non si vorrebbe fare altro che scappare.
Isolamento e depressione
Per molte persone, l’isolamento è allo stesso tempo causa e conseguenza della depressione.
Anche in questo caso, si tratta di un circolo vizioso:
- si cerca l’isolamento perché si sente di non stare bene con gli altri;
- non stare bene con gli altri fa sentire difettosi e imperfetti.
Qualcuno scambia questo stato di cose per pigrizia, qualcun altro per stanchezza.
L’isolamento, però, è una delle prime cause di depressione.
Non si tratta di pigrizia né di stanchezza: la ricerca dell’isolamento personale è un bisogno che cela una sofferenza interiore molto potente.
Isolamento e psicoterapia
Il desiderio d’intraprendere una psicoterapia per risolvere il problema dell’isolamento sociale compare spesso quando la percezione della rinuncia a molteplici occasioni di relazione si fa troppo intensa.
Succede che a un certo punto ci si renda conto di aver sacrificato ogni possibilità di buona interazione con gli altri per la paura di non potercela fare.
È a questo punto che, spesso, si cerca aiuto.
La psicoterapia può aiutare ad alleggerire quel senso di dovere sociale, quella forma di “obbligo prestazionale” che impone degli standard di rendimento con gli altri puntualmente irraggiungibili.
È possibile recuperare sia il piacere della frequentazione con le altre persone, sia “perdonarsi” tutte quelle sensazioni di mancanza personale, d’imperfezione, che fanno sentire imperdonabilmente inefficaci, inadeguati.
Detta così, sembra una formuletta magica.
In realtà, la psicoterapia è un’esperienza concreta di “palestra” delle relazioni; è un allenamento non solo alla cura dei rapporti, ma anche – cosa ben più importante – alla cura di se stesso e della propria soggettività.
Altro aspetto che vale la pena rimarcare, è la possibilità d’individuare le cause profonde del disagio a stare con gli altri.
Una comprensione che non si ottiene con uno schiocco di dita, ma che ci si guadagna con un lavoro su se stessi senza dubbio impegnativo, ma decisamente fruttuoso.
Non si risolve un problema senza aver capito da cosa origina.
La psicoterapia agisce sulle cause “antiche” del problema (che possono variare da persona a persona) e, al contempo, sul presente della persona.
È proprio questo doppio lavoro, sul passato e sull’attualità del paziente, che permette di affrontare con successo una difficoltà psicologica, anche quelle più radicate nel tempo e, apparentemente, più difficili da sconfiggere.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova
Tutto è il contrario di tutto e tutto giusto la solitudine a volte sostituisce la voglia di morire, c’è chi è nato per la felicità sempre e chi no lasciate a questi ultimi di porre fine alla propria vita invece no