… tutta colpa della tv?
Il sottotitolo è, ovviamente, una piccola provocazione.
Ma fa seguito a un’idea piuttosto diffusa sul tema dell’anoressia in adolescenza.
Si discute spesso dell’influenza che alcuni fenomeni sociali (in primis quella che viene definita mercificazione dei corpi, e che ha una vasta eco proprio in tv o sui social) hanno esercitato sulla diffusione dell’anoressia, soprattutto in adolescenza.
È senz’altro vero: le rivoluzioni socio-culturali hanno impattato, tra le tante cose, anche sull’insorgenza di alcune forme di disagio psicologico.
L’anoressia è una di queste.
È doverosa una precisazione, però: il contesto sociale è causa del fenomeno dell’anoressia in adolescenza soltanto in parte.
Quando parliamo di anoressia, parliamo insomma di una condizione complessa, sfaccettata, che ha matrici culturali ma anche matrici psicologiche specifiche.
Anoressia e corpi in vetrina
Nell’ultimo secolo, lo sviluppo della comunicazione sociale ha incoraggiato lo scambio e la diffusione di un tipo d’informazione molto particolare: l’immagine.
Tutto, effettivamente, è cominciato con la diffusione della tv nelle case, e culmina oggi con l’onnipresenza dei social, sui quali gli adolescenti (e non solo) scambiano foto e video di se stessi senza sosta.
Il valore dell’immagine, insomma, ha preso il sopravvento su tutti gli altri.
Pian piano, l’imperativo è diventato apparire.
Logica conseguenza, allora, che abbia cominciato a diffondersi una condizione psicologica che mette al centro di ogni attenzione proprio il corpo.
Un corpo particolare: un corpo guardato, agognato…
Esiste un legame diretto tra anoressia in adolescenza e iper-valorizzazione dell’immagine.
Addirittura, si può dire che ormai l’immagine di un essere umano dica di lui più di qualunque altro aspetto della sua persona. L’immagine è tutto (per qualcuno). E non è sempre stato così…
L’adolescente anoressico fa propria, almeno in parte, questa impostazione.
Eppure, l’anoressia non è animata soltanto dal desiderio di avere un corpo perfetto, cioè senza il difetto del grasso, ma tonico, atletico, leggero.
L’analisi del fenomeno anoressia in adolescenza non può, insomma, limitarsi all’esplorazione delle cause culturali e sociali.
Anoressia in adolescenza: corpo, ma anche mente
È una puntualizzazione banale, ma forse va fatta: il corpo anoressico assume su di sé l’interesse di tutti, ma è la mente a rifiutare il cibo.
Vale a dire che quando parliamo di anoressia, parliamo di una condizione che è prima di tutto psicologica.
Questa osservazione non minimizza, ovviamente, il grado di attenzione con cui va trattata la materia per quanto riguarda la salute fisica: il corpo anoressico è un corpo che soffre, e la malnutrizione ha effetti nefasti sullo sviluppo fisico dell’adolescente.
Riprendiamo, però, ancora una volta la puntualizzazione precedente.
È giusto parlare di malnutrizione, ma si tratta di malnutrizione volontaria. Questo non è un dettaglio.
Come accennato, il bisogno percepito di essere sempre più magri, ottenuto attraverso un regime alimentare quasi azzerato e/o un’esasperazione dell’attività fisica, non è semplicemente un desiderio di bellezza.
Anzi… molto spesso l’adolescente anoressico non ha nessuna velleità di migliorare il proprio aspetto in senso estetico.
Non gli interessa essere guardato in quanto attraente.
Semmai, gli interessa essere guardato in quanto speciale.
L’adolescente anoressico sa bene quanto l’immagine che si costruisce attraverso il dimagrimento fa sì che il suo corpo non risponda più agli standard di bellezza “canonici”.
E allora?
Cosa c’è dietro l’anoressia in adolescenza?
C’è una risposta a una sofferenza psicologica intensa.
Senza dubbio, una risposta particolarmente articolata e indiretta: è come se il dolore oltrepassasse la mente e si riversasse sul corpo.
Sintetizzando all’estremo, si può dire che l’anoressia è una malattia del desiderio.
La questione, ovviamente, va ben approfondita: di che desiderio parliamo?
Di nessuno in particolare: parliamo proprio del puro desiderare.
Desiderare è una coordinata fondamentale della vita umana.
È il motore di tutte le più sane ambizioni: relazionali, personali, lavorative.
Eppure, allo stesso tempo, desiderare è anche la condizione umana che più avvicina la persona al limite:
(NON) tutto è possibile.
Per qualcuno, si tratta di una considerazione del tutto “normale”.
Per qualcun altro invece, a livello inconscio, la percezione del vincolo personale è mortificante.
È come se, in queste persone, s’imponesse una domanda velenosa:
«Se non posso avere tutto… allora che senso ha desiderare?».
Desiderare finisce per mettere di fronte il suo opposto: doversi limitare.
Limitarsi: non è quello che fa la persona anoressica?
Limitarsi nel cibo, ma più in generale, limitarsi in ogni forma di piacere.
L’anoressia in adolescenza coincide con altre caratteristiche che combaciano perfettamente con questa impostazione:
- perfezionismo: non si può mai allentare la presa, ad esempio sui compiti, perché non può esistere errore né negligenza;
- rigore “moralistico”: non è concessa, neanche col pensiero, nessuna forma di scappatoia rispetto all’impegno, e chi non s’impegna è da condannare;
- assenza di desiderio sessuale: l’adolescenza è l’età delle prime eccitazioni sessuali, ma l’adolescenza anoressica rifiuta il sesso, non vi nutre nessun interesse.
Il regime dietetico autoimposto dalla persona anoressica, insomma, non riguarda soltanto il cibo, riguarda tutto ciò che ha a che fare col desiderio.
O per meglio dire, tutto ciò che mette a contatto con la dimensione più dolorosa del desiderio: la rinuncia.
È come se l’anoressia puntasse a manipolare la contrapposizione tra desiderio e rinuncia.
Come?
La persona anoressica smette di desiderare.
E mette in pratica questa particolare sfida al desiderio privandosi di quello che per molti è un piacere, e per tutti è senz’altro un bisogno: il cibo.
Rinunciare al cibo significa acquisire controllo, nell’ottica anoressica.
Sentire di avere tanto potere sulle proprie esigenze fa sentire più forti.
Il retropensiero che si attiva è qualcosa del tipo
se riesco a rinunciare al cibo, riesco a rinunciare a tutto.
Si realizza, così, una paradossale vittoria sul desiderio.
Anoressia in adolescenza: come intervenire?
L’anoressia è una condizione psicologica che necessita di un intervento multidisciplinare.
Vale a dire che, nel progetto di cura, è buona norma coinvolgere diverse professionalità, a partire dal medico di base fino a specialisti con competenze in ambito alimentare (nutrizionisti, dietologi).
La psicoterapia è fondamentale:
- consente di approfondire le ragioni individuali, soggettive, che favoriscono lo sviluppo dei comportamenti anoressici in quello specifico soggetto, con la sua storia di vita e le sue caratteristiche di personalità;
- in una seconda fase, permette di consolidare gli auspicabili passi avanti dal punto di vista del recupero fisico, agendo sia sulla motivazione sia sulle conseguenze e sui significati psicologici della guarigione.
È del tutto necessario che lo sviluppo dei due punti sopra indicati proceda di pari passo con tutti gli interventi medici volti a ristabilire un peso-forma adeguato.
L’anoressia è, per chi ne soffre, una sorta di convinzione: è molto difficile mettere in discussione i comportamenti alimentari attraverso cui si produce e le motivazioni psicologiche profonde su cui si regge.
In particolare, è difficile rinunciare all’ideale di perfezione che l’anoressia promette attraverso la rinuncia al cibo (e ai piaceri, più in generale).
Per questo, una soluzione di cura che sia orientata unicamente alla salute fisica del paziente anoressico finisce quasi sempre per naufragare.
Non esiste nessuna altra forma di sofferenza psicologica che, come l’anoressia, imponga un trattamento coordinato tra intervento sul corpo e psicoterapia.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova