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È impossibile conciliare benessere e solitudine?

Assolutamente no.

Anzi, una chiave importante per la felicità è proprio la capacità di star bene – anche! – da soli.

Abbiamo dovuto allenare particolarmente questa capacità durante il lockdown del 2020: stare soli con se stessi, per molti, è diventato la regola.

C’è chi ha trovato conforto nella possibilità d’interrompere parte delle proprie interazioni col mondo esterno.

La maggior parte delle persone, tuttavia, ha paura di rimanere solo.

Ne ha paura sia nell’immediato

«da solo non posso star bene»

sia sul lungo termine

«sarò solo per tutta la vita?»

È questa paura, molto spesso, a impedire di interrompere una relazione tossica, un rapporto che non funziona più e che genera frustrazione.

La paura di non essere in una relazione fa ragionare in questo modo: piuttosto che da solo… meglio così: infelice, ma in due

Anche la realtà sociale ci bombarda di messaggi tipo

la felicità è reale solo se è condivisa

share the happiness!

Si finisce col pensare che chi ama stare da solo, per una sera o anche per più tempo, sia… un tipo strano.

Che cosa impedisce di essere felici da soli?

Quasi sempre, è una bugia della mentenulla vale la pena di essere fatto, se si è da soli.

Che si tratti del cinema, di un ristorante, di una vacanza…

Questo senso di obbligatorietà della relazione finisce per far sentire difettoso e imperfetto chi è single.

Al contrario, la relazione non può essere una medicina amara rispetto al pericolo della solitudinela solitudine non è un pericolo.

Solitudine significa anche piacere della propria compagnia.

È il primo passo per essere felici anche se si è da soli.

Riscoprire la serenità dello star soli consente anche di soppesare meglio la possibilità di entrare in relazione con qualcuno: entrare in una relazione deve essere una scelta, mai una necessità.

Purtroppo, tante persone arrivano alla psicoterapia portando il peso di un rapporto affettivo insoddisfacente senza rendersene del tutto conto.

Quando il percorso psicoterapeutico accompagna il paziente a scoprire fino in fondo l’insofferenza nei confronti del partner, ecco che scattano le difese più intense.

Queste difese potrebbero sintetizzarsi in un’unica formula:

Vorrei lasciarlo, ma non posso:
ho troppa paura di restare da solo

È difficile accettare l’idea che, per recuperare il proprio benessere, talvolta si debba passare per la dolorosa esperienza di una rottura.

Si ha paura di restar soli, come detto, e si ha anche paura di danneggiare il partner:

Come farà, senza di me?

Si pensa che nessuno ce la possa fare da solo; anche per questo, si continua a galleggiare in relazioni disfunzionali.

Perché stare da soli può far bene?

Perché aiuta a conoscersi, a trovare risorse interiori che altrimenti rischiano di non poter saltare mai fuori.

Si tratta di risorse interiori in grado di darci un quadro di noi stessi molto più completo.

Si tratta, anche, di non cercare una relazione solo per la paura di rimanere solo, ma per un desiderio di felicità autentico.

Un desiderio di felicità definito da ciò che amiamo e non da ciò di cui sentiamo un bisogno insopprimibile.

L’antico proverbio meglio solo che male accompagnato ha il suo senso profondo.

Eppure, di solito, si tende a rovesciare questo assunto: meglio male accompagnato che solo.

La psicoterapia sostiene nell’acquisizione della capacità di stare (anche) da solo, senza sentirsi schiacciati dal contraccolpo doloroso della sensazione di isolamento.

Francesco Rizzo

Psicologo Psicoterapeuta Padova