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Il mio partner? Posso cambiarlo!

Sindrome della crocerossina è una formula entrata ormai nel linguaggio quotidiano.

Si parla di “crocerossina” per indicare quelle persone che mettono al primo posto i bisogni dell’altro, invece che i propri.

Quelle persone che credono di poter cambiare il partner, di “salvarlo” dai propri difetti e dalle proprie mancanze.

In ambito psicologico professionale non esiste una dizione alternativa, per questo è comodo riferirsi all’espressione sindrome della crocerossina: rende bene l’idea di questo “afflato” nei confronti dell’altro.

Proprio perché concetto ormai diffuso, questa forma caratteriale viene spesso banalizzata o semplificata.

In realtà, chi si sente crocerossina porta dentro di sé una sofferenza e un disagio spesso non immaginabili.

Crocerossina e crocerossino: il fatto che quasi sempre si parli al femminile non faccia pensare che si tratti di un attributo soltanto delle donne.

Esistono tanti uomini crocerossini, anche se, tendenzialmente, questo tipo di comportamento sembra essere più peculiare nelle donne.

La persona crocerossina si dedica all’altro – soprattutto al partner – con una dedizione che sottrae energie per se stesso.

La persona crocerossina possiede anche una pericolosa propensione alla relazione tossica con un narcisista.

Si potrebbe pensare a un rapporto di proporzionalità diretta:


maggiore è l’attitudine di una persona a minimizzare le proprie esigenze in favore dell’altro, maggiore è la chance di incontrare sul proprio cammino – e amare – una persona narcisista, che in effetti, ama nutrirsi delle attenzioni e delle risorse altrui.


La persona crocerossina, più o meno consapevolmente, ritiene che le proprie cure trasformeranno quella persona, rendendolo un partner migliore.

«Io ti salverò!» 

potrebbe essere lo slogan della persona crocerossina, a cui segue sempre un retropensiero del tipo

«… e tu mi amerai…!»

Inconsciamente, la persona crocerossina percepisce che la possibilità di essere amato dipende dal fatto di rendersene degno.

Come?

Attraverso la disponibilità costante, la benevolenza, il supporto a ogni costo.

Per cui, l’atteggiamento da crocerossina svolge anche la funzione – inconsapevole – di evitare l’abbandono da parte del partner, sulla scia del pensiero:

se lo amo così tanto da metterlo al centro dell’universo, non potrà lasciarmi!

Soccorrere l’altro come forma d’amore: perché?

Alla base di questa tendenza risiede una scarsa autostima, che impedisce di sentirsi amati per quello che si è – quindi, con i propri pregi ma anche con i propri difetti… e con le proprie lune storte, che ogni tanto, capitano!

Posso essere amato solo per quello che faccio.

Se non mi consegno all’altro, non potrò essere amato.

Sono due meccanismi di pensiero tipici della persona crocerossina.

C’è però una dinamica ancora più… subdola, e nascosta, in questo tipo di comportamento.

È la ricerca inconscia di conferme alla propria “indegnità” all’amore.

Questo spiega, in parte, perché la persona crocerossina finisca così spesso per incappare in storie complicate con persone emotivamente distanti, non in grado di ricambiare il loro trasporto affettivo e la loro presenza.

Esiste in ciascuno di noi una tendenza a voler confermare l’immagine che ci siamo costruiti.

Non solo l’immagine di cui abbiamo piena consapevolezza, ma anche quella celata sotto l’apparenza.

Nel caso della persona crocerossina, questa immagine sussurra all’orecchio: non vali nulla, puoi solo annullare te stessa per provare a essere amato da qualcuno.

Quel qualcuno però, il più delle volte, è esattamente la persona che finirà per confermare, implicitamente, questo tipo di pensiero: una persona che non si affeziona, che non sembra grato delle attenzioni ricevute, che scappa invece di accettare il progetto di relazione che avete in mente.

Qual è la conseguenza di questo insidioso aggancio amoroso-narcisistico?

Che la persona crocerossina finirà per pensare:

Ecco, è la dimostrazione che nessuno può amarmi, se mi conosce a fondo.

Come risolvere la “sindrome della crocerossina”?

Questa specifica difficoltà relazionale si nutre di una scarsa considerazione di sé, e della sensazione che nessuno potrà amarci.

C’é una ragione se una persona, nel tempo, si è costruito un’immagine di sé così scadente.

Per capire cos’è che l’ha reso così dipendente dall’approvazione altrui nel corso degli anni, occorre scavare a fondo nella storia della persona.

Occorre individuare il set di pensieri che alimenta la convinzione di non poter pensare bene di sé come persona autonoma.

La persona crocerossina vive un senso di profonda, e sofferta, mancanza di amore.

La spiegazione a questo “buco interiore” non può che essere cercata nella storia personale del paziente.

Conoscere le motivazioni che hanno portato a un irrigidimento del proprio carattere e del proprio modo di stare al mondo, è senza dubbio il primo passo per la risoluzione di un problema psicologico.

Questa risoluzione passa anche per un lavoro di… auto-innamoramento.

La persona crocerossina non è in grado di amarsi; piuttosto, in se stessa, vede solo difetti e insufficienze.

Recuperare un’immagine più sana ed equilibrata di se stessi permette di costruire relazioni paritarie con l’altro: che si tratti di amici, del capo al lavoro… o proprio del partner.

È un lavoro delicato, perché interviene su aree della personalità cicatrizzate da anni e anni di esperienze negative.

Ma è un lavoro in grado di offrire un bene preziosissimo: la possibilità di cominciare a credere nelle proprie risorse.

Crederci fino a poter puntualizzare un fondamentale dato di fatto:


Io valgo!


Ed è un lavoro possibile.

Perché vivere bene significa anche poter centrare una forma di felicità autentica che non dipende più dall’intermittenza dell’amore altrui.

Francesco Rizzo

Psicologo Psicoterapeuta Padova