Mio figlio è così solitario!
Il confronto e il contatto positivo con gli altri rappresentano un modo efficace per stringere relazioni e fare esperienza del mondo.
È un discorso che vale per tutte le età… ma in adolescenza l’interazione con i coetanei assume una valenza particolarmente rilevante.
L’adolescente, non più bambino e non ancora adulto, costruisce e rinforza la propria identità attraverso il gruppo; possiamo considerare le relazioni con gli amici come una palestra che permette al ragazzo di allenare se stesso al rapporto con gli altri, cominciando a misurarsi con esigenze e caratteristiche diverse dalle sue.
L’adolescente tipico sembra quasi naturalmente portato a stare con i coetanei: ogni occasione è buona per organizzare uscite, appuntamenti o piccole gite.
Eppure, l’adolescenza non è un universo unico, uguale in ogni suo aspetto, tanto che si dovrebbe parlare di adolescenze, invece che di adolescenza.
Proprio per questo, se è vero che la maggior parte degli adolescenti frequenta normalmente tante altre persone e sembra trarne divertimento, piacere… è vero anche che non tutti gli adolescenti si dimostrano così orientati al contatto sociale e alla relazione.
Adolescenti solitari
In adolescenza, una reazione di chiusura nei confronti del mondo sociale è senz’altro un campanello d’allarme da non sottovalutare.
Il rifiuto dell’interazione, in un adolescente (e non solo…) racconta moltissimo di lui: ci dice che qualcosa, dentro e/o fuori di lui, agisce in modo tale da rendere la relazione una fonte di stress, invece che un’occasione di crescita e di divertimento.
Non è facile farsi dare spiegazioni da un adolescente, schivo per natura alle domande degli adulti e poco propenso a condividere il suo mondo; ma possiamo fare delle ipotesi, ragionando sulla base dell’esperienza di tanti adolescenti che ricorrono alla psicoterapia.
Ciò che sembra contraddistinguere gli adolescenti solitari, è un atteggiamento – non consapevole – di protezione dal mondo esterno, perché percepito come minaccioso, malevolo, sempre pronto a puntare il dito e incapace di perdonare le debolezze.
In adolescenza, insomma, l’isolamento coincide con una forte paura del rifiuto:
«Piuttosto che andare alla festa e fare la figura del cretino, me ne sto a casa»
È un’espressione parafrasata che ben descrive l’ansia sociale di cui parliamo.
Adolescenza e autostima
Il nucleo di questa paura nel confronto con gli altri risiede in un doloroso deficit di autostima.
Poche esperienze sono più dolorose, in adolescenza, che quella di sentirsi inferiori agli altri, inadeguati perché brutti, timidi, noiosi.
Un ragazzo che si isola, molto probabilmente, sta sperimentando questi sentimenti di rifiuto: al di là dell’esperienza concreta, dei messaggi che realmente gli arrivano dagli altri ragazzi, è lui a sentire dentro di sé qualcosa che non funziona, e che lo rende repellente agli occhi degli altri.
Questo difetto di autostima è non solo fonte di malessere in sé e per sé, ma ostacola anche le possibilità dell’adolescente di essere felice attraverso l’altro, ovvero, di poter trovare soddisfazione con un partner e/o un gruppo di lavoro.
Non è una questione di cui si possa pensare «vabbe’, passerà con l’età», o «ma sì, quando crescerà, sarà tutto diverso…»: la sofferenza psichica non passa da sola, come un raffreddore.
Intervenire in adolescenza
È facile capire perché intervenire in adolescenza è particolarmente importante: perché significa intervenire in tempo, prima che la difficoltà s’irrigidisca a tal punto da diventare una caratteristica caratteriale vera e propria.
L’adolescente è dotato di quella che gli scienziati definiscono plasticità, cioè, ha un margine di cambiamento e di trasformazione che è ben più ampio di quello adulto.
Per questo, agire per tempo è possibile ed è necessario.
Un adolescente isolato è un adolescente infelice.
Attraverso la psicoterapia, è possibile arrivare al fondo della paura del rifiuto manifestata dal ragazzo, giungere alle sue cause e, da lì, ripartire con un percorso di rinforzo delle sue risorse.
L’individuazione delle ragioni profonde che portano l’adolescente a chiudersi, è il primo passo per smontare quelle credenze su se stesso e sugli altri che si sono irrigidite nel tempo, e sono diventate per lui assolute certezze.
Francesco Rizzo
Psicologo Psicoterapeuta Padova