La FoMO è la forza che guida l’abuso di social network.
Parliamo ancora di FoMO, e stavolta concentriamoci più specificamente sull’adolescenza. Uno studio condotto da LivePerson in sei paesi (Australia, Germania, Francia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti) su 4.013 utenti, di età compresa tra i 18 e i 34 anni, ha evidenziato come la maggioranza dei più giovani preferisca la comunicazione digitale, in-line, a quella in presenza, in carne ed ossa.
Il 74% del campione intervistato tra USA e UK ha affermato di preferire la comunicazione digitale tramite messaggi o social a quella di persona.
Lo studio riferisce anche di comportamenti ossessivi verso i dispositivi elettronici: sette su dieci dei giovani intervistati dormono con lo smartphone a portata di mano, due terzi lo portano in bagno e più della metà, se si sveglia nel cuore della notte, controlla se ci sono notifiche.
E un po’, se parliamo di FoMO, parliamo di ossessione: l’ossessione della presenza, la promessa di contatti ovunque e comunque.
È il circolo vizioso della FoMO: aumentano le possibilità d’interazione, certo, ma aumenta pure il terrore di perdersele.
FoMO non è frutto della solitudine, è semmai paura della solitudine. Quindi, piuttosto, è generata dalla moltitudine. La FoMO però si basa anche sull’illusione che tutto quanto passa attraverso i social network (Instagram, Snapchat, Facebook) sia sfavillante, meraviglioso. Chi pubblicherebbe la foto di un evento “barboso”? Nessuno. La versione iper-rilucente dell’attività che ci si sta perdendo, e di cui quindi ci arriva testimonianza tramite social, acuisce la sofferenza di chi è rimasto a casa.
La FoMO si basa sull’inganno dell’apparenza online. Il trattamento della FoMO deve lavorare su quest’inganno.
D’altro canto, c’è anche chi sostiene che per gli affetti di FoMO, “comunicare” ed essere in contatto, diventa più importante della vita stessa, al punto da… mettere a repentaglio la propria vita. Al volante, per esempio (l’utilizzo dello smartphone è tra le principali cause di incidenti stradali). Oppure, pensiamo ai giovani che vediamo attraversare la strada con gli occhi tuffati nel display del cellulare.
Parlare di FoMO, insomma, significa parlare di smartphone, social network, internet da passeggio. Non è possibile separare i discorsi perché la FoMO si alimenta dell’ultra-connettività a cui la moderna tecnologia ci ha abituati. E, dispiace, parlare di FoMO significa parlare anche di giovani, soprattutto di giovani e di adolescenza, perché i giovani abusano della comunicazione online e della “condivisione social” fino a sacrificare… la vita reale.
Francesco Rizzo