Benessere… ma quanto mi costi?
Ai nostri tempi, il discorso sulla cura e sul benessere della persona è sempre più vincolato alle logiche del profitto e della quantificazione. Chi lavora in ambito sanitario lo sa bene: scale, grafici, obiettivi di budget, si impongono sulla gestione etica del malato.
Dobbiamo davvero assoggettare il benessere personale e la pratica della cura a questioni economiche?
Chi cerca aiuto in una struttura sanitaria, o anche in un centro di psicologia, nello studio privato di uno psicoterapeuta, porta con sé una domanda su se stesso unica, originale, che non può essere ridotta a una stima dei vantaggi e dei disvalori economici che la accompagnano.
Star bene è un processo lungo, che non può essere “economizzato”.
Uno dei motivi più ampiamente descritti della diffidenza nei confronti della psicoterapia è proprio l’impossibilità, presunta, alla garanzia di risultati evidenziabili su carta, perfettamente individuabili, come la voce “saldo disponibile” sul proprio estratto conto.
E invece, la psicoterapia funziona quasi senza che sia possibile individuarne con precisione scientifica i suoi meccanismi di funzionamento. Perché?
Perché quanto accade nella stanza di terapia è un’esperienza irripetibile, spesso anche a parole; è una successione di fasi e accadimenti che seguono un percorso non standardizzabile.
La psicoterapia è cura della persona nella sua unicità. E l’unicità non può essere trattata in forma di numeri e tabelle.
In attesa che anche i servizi pubblici tornino a occuparsi della persona nella sua interezza, senza imbrigliarne l’originalità in schemi di funzionamento e soprattutto in modelli opprimenti “costi-benefici”, è bene promuovere con forza un’idea della cura personale, del benessere umano, della possibilità di essere protagonisti della propria vita, che affronti il “singolare”, l’ “eccezionale”… in una parola, l’unico.
Francesco Rizzo